La prima notizia viene dall’Australia: alcune scuole primarie stanno sperimentando dei maestri robot con un tablet montato sul petto per aiutare i bambini a leggere e a scrivere. Tra gli educatori c’è molto entusiasmo: secondo loro questi pupazzoni aiutano i bambini a esprimersi senza sentirsi giudicati, hanno molta pazienza e si adattano con facilità ai ritmi di apprendimento. E soprattutto tengono lontani i piccoli dalla tv.
La seconda notizia è quella, più nota, della famiglia anglo-australiana che si è vista allontanare i figli dal tribunale per aver scelto di vivere nei boschi abruzzesi, senza elettricità, con l’acqua del pozzo e con un’istruzione dispensata in casa. In più interviste, tra le privazioni consapevoli il padre ha rivendicato quella della tv, come gli avevano insegnatoi suoi genitori. Insomma, in ciascuna notizia il tema dell’educazione e della crescita felice finisce con l’identificare nella televisione uno degli arnesi più insidiosi.
Che si tratti di un ritorno pre-moderno all’Arcadia o di un salto post-moderno nel futuro, il piccolo schermo è il vero lupo cattivo del bosco. Ma se entrambi i casi praticano in fondo una distanza dall’umano, è lecito pensare che la vituperata tv – che nel reale, nel mondo e tra l’umanità, anche la più spiazzante, è destinata per sua natura a viverci – possa in fondo trovare asilo solo tra chi, pur ritenendo legittimi i grandi ideali, ne paventa il sacrificio: la sparizione delle persone. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1642 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati





