È la mattina del 27 ottobre 2025 e c’è parecchia agitazione fuori dal liceo scientifico Einstein di Torino, nel quartiere Barriera. Poco prima dell’inizio delle lezioni, un gruppuscolo di militanti della sezione D’Annunzio di Gioventù nazionale – la formazione giovanile di Fratelli d’Italia – sta distribuendo volantini alle persone che entrano. A osservare il tutto ci sono diversi agenti in borghese e in assetto antisommossa.
La presenza degli attivisti di destra è subito contestata, soprattutto dagli studenti che fanno parte del collettivo Einstein. Tra i due gruppi partono spintoni e insulti: le forze dell’ordine intervengono per separarli, e poi caricano gli studenti che protestavano contro il volantinaggio. Un ragazzo di 16 anni è arrestato sul posto e in seguito denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e violenza privata.
Non è la prima volta che nel capoluogo piemontese si verificano situazioni del genere. A metà ottobre i militanti di Gioventù nazionale si erano presentati davanti al liceo artistico Primo, bloccando l’entrata e obbligando ragazzi e ragazze a prendere gli stessi volantini distribuiti all’Einstein. L’azione era stata criticata anche dai professori, che avevano parlato di un “tentativo d’imporre una propaganda che individua in interi gruppi sociali o etnici un nemico”.
Panico morale
I volantini in questione, infatti, se la prendono con i maranza, un termine che ormai ha una forte connotazione razzista, usato per indicare ragazzi nati in Italia con origini straniere.
A Torino, si legge nel testo, la “cultura maranza” sarebbe “sempre più visibile: gruppi di giovani che esaltano la violenza, l’alcol e la droga, che non rispettano le donne e che spesso disprezzano l’Italia”. Secondo Gioventù nazionale questo “modello” crea “insicurezza nei quartieri e abbandona i ragazzi al vuoto”. Il fenomeno sarebbe inoltre del tutto sovrapponibile a quello delle cosiddette baby gang, un’espressione ritenuta fuorviante dagli esperti e legata all’eterna “emergenza sicurezza”.
La campagna di Gioventù nazionale fuori dalle scuole torinesi è solo l’ultima espressione del “panico morale” scatenatosi intorno alla figura del maranza. Secondo un certo tipo di narrazione mediatica e politica, le città italiane – specialmente quelle del nord – sarebbero totalmente in ostaggio di questi ragazzi provenienti dalle periferie e delle loro scorribande urbane.
Il maranza occupa indebitamente lo spazio pubblico con il suo fare molesto, l’atteggiamento da bullo e il suo modo di vestirsi, che è stato recentemente oggetto di una pubblicità di Ryanair.
E non solo: negli ultimi tempi i maranza hanno perfino assunto un’inquietante carica eversiva. Per il quotidiano di destra Il Secolo d’Italia, i maranza sarebbero infatti diventati “il nuovo apparato delle manifestazioni antifasciste e pro-pal”. Il Corriere della Sera ha addirittura ventilato l’ipotesi che gli “adolescenti di seconda e terza generazione” siano delle specie di burattini “manovrati” dai centri sociali. L’allarmismo è tale che la Lega ha inserito una specifica “norma antimaranza” nel nuovo pacchetto sicurezza presentato all’inizio di novembre.
Come mi dice Tommaso Sarti, ricercatore e autore del saggio Pisciare sulla metropoli. (T)rap, Islam e criminalizzazione dei maranza (Machina libro 2025), i maranza sono a tutti gli effetti “il nuovo nemico pubblico su cui possiamo scaricare tutte le nostre frustrazioni e le nostre responsabilità nei confronti del mondo che ci circonda”.
L’evoluzione del termine
Non è sempre stato così. Le prime apparizioni del termine risalgono tra la fine degli anni ottanta e i novanta, quando aveva tutt’altro significato.
Secondo l’accademia della Crusca, l’etimologia è incerta: “Probabilmente dal meridionale ‘maranza’, ‘melanzana’, con con possibile sovrapposizione di voci come ‘marakech’ o ‘marocco’, ‘meridionale’ (dal gergo giovanile)”.
Nel milanese, secondo un articolo di Wired, la parola era usata soprattutto per identificare i “truzzi”, gli “zarri” e i “tamarri”, ossia persone dai modi e dall’aspetto rozzi e volgari. C’era però anche un’accezione più benevola, quella cioè di ragazzo strafottente legato al mondo della musica commerciale.
Nella prima fase della sua carriera, ad esempio, Jovanotti si definiva orgogliosamente un maranza. Nel brano Il capo della banda del 1988 cantava: “Io sono Jovanotti e sono in questo ambiente, di matti, di maranza e di malati di mente”. L’anno successivo, in un’apparizione al programma televisivo di Pippo Baudo Serata d’onore, spiegava così il significato: “Il maranza è quello che si impunta: io porto il 44 di scarpe, però mi piace stare col 46, va bene? Non me ne frega niente se porto il 44, mi prendo le scarpe 46”.
Negli anni duemila, come ha ricostruito Vincenzo Marino nella newsletter Zio, la parola è “accostata all’immaginario della musica dance commerciale e utilizzata per designare i più assidui frequentatori dei locali notturni”. Nel 2012 i dj Alex Teddy e Dance Rocker pubblicano La danza dei maranza, un inno italodance che celebra il clubbing e il “popolo che danza”.
Dopo essere sparito per qualche anno, il termine ricompare durante la pandemia di covid-19 con un nuovo significato. Su Twitch, la piattaforma di streaming di Amazon, maranza è usato per descrivere quei ragazzi che importunano gli streamer durante le dirette per strada, specialmente a Torino e Milano.
Le clip virali di quei momenti si diffondono su altri social media, in particolare TikTok, contribuendo alla costruzione del maranza contemporaneo, nettamente diverso da quello degli anni ottanta, novanta e duemila. Ora infatti è un giovane che ha un determinato taglio di capelli; indossa la tuta, le scarpe Nike TN e il borsello a tracolla; proviene da comunità razzializzate; abita nei quartieri popolari delle città o della provincia dell’Italia del nord ed è appassionato di trap, drill e rap.
Non a caso, sempre tra il 2020 e il 2021, sulla scena italiana irrompe una nuova generazione di rapper – tra cui Baby Gang, Rondodasosa e Simba La Rue – che contribuisce a sdoganare e codificare “l’estetica maranza”, rifacendosi all’immaginario visivo e sonoro di altri contesti periferici europei (soprattutto quello di Marsiglia).
Grazie al successo di questi artisti, dice Tommaso Sarti, in Italia si ricomincia a parlare di temi importanti come “la conflittualità sociale, il disagio che esiste e persiste all’interno delle nostre città, la violenza della polizia e quella dello stato, che assume molti volti”. In altre parole, spiega il ricercatore, “si ricomincia a parlare di classe”.
Le ronde
Nell’estate 2022, tuttavia, la percezione del fenomeno cambia radicalmente. All’inizio di giugno un raduno a Peschiera del Garda – una specie di free party sul lungolago autoconvocato sui social media – sfocia in una serie di atti vandalici, disordini, molestie e tafferugli con la polizia. Scene analoghe si verificano anche a Riccione, spingendo il rapper Emis Killa a paragonare la città romagnola a Marsiglia e addirittura a invocare “manganellate nelle ginocchia”.
I mezzi d’informazione parlano indistintamente di “maranza”, “immigrati nordafricani” e “baby gang”, mentre la destra sfrutta gli episodi di cronaca per fare propaganda elettorale. Giorgia Meloni accusa la sinistra e le femministe di non avere una “presa di posizione forte e decisa” per “paura di mettere in cattiva luce gli immigrati”. Matteo Salvini attacca le “bande organizzate di immigrati non graditi in Italia” e propone di reintrodurre la leva militare per “educare questi ragazzini”.
Il giornalista Gabriel Seroussi, autore del saggio La periferia vi guarda con odio. Come nasce la fobia dei maranza (Agenzia X 2025), mi spiega che da quel momento in poi il fenomeno “è vissuto con un enorme grado di serietà e pesantezza, perché si è inserito l’occhio malevolo degli adulti e della parte più conservatrice del paese”.
I trend parodistici di TikTok cedono dunque il passo agli allarmi sull’ordine pubblico, all’appiattimento sulla dimensione criminale (alimentata anche dalle cause giudiziarie dei cantanti) e dalla costante demonizzazione dei maranza, su cui gravano sempre di più stereotipi classisti, razzisti e islamofobi.
La destra extraparlamentare
A un certo punto, com’era prevedibile, in questo tipo di narrazione prova a inserirsi l’estrema destra extraparlamentare. Nella primavera 2025 a Verona nasce il comitato Emargina il maranza, che si autodefinisce “la prima organizzazione aggregativa antimaranza contro un fenomeno sociale ormai fuori controllo nella nostra città”. L’iniziativa è lanciata da Lotta studentesca, la formazione giovanile di Forza nuova. In un programma radiofonico Luca Castellini, vicesegretario nazionale del partito, arriva a parlare di “uno scontro etnico tra bianchi e maranza, con i bianchi nel ruolo di vittime”.
Sui social media spuntano altre pagine che promettono di affrontare i maranza. Una di queste – ora non più online – è Nuova Italia, che in vari post assicura che “con noi ci sarà una PERSECUZIONE AI MARANZA” e che “colpiremo tutti coloro che proveranno a diffondere il concetto MARANZA”. Un’altra è Rivoluzione nazionale, un piccolissimo movimento neofascista che all’inizio del febbraio 2025 aveva indetto una “marcia per la sicurezza” a Bologna. Nelle chat del gruppo Telegram erano comparsi messaggi di questo tipo: “Per cacciare i maranza che fanno casino c’è bisogno che ci uniamo tutti”.
Non mancano poi i tentativi di organizzare “ronde antimaranza”, che in alcuni casi finiscono in violente aggressioni. Nel marzo 2025, ad esempio, sui social media circola un video che mostra il pestaggio di un ragazzo accusato di aver rubato una collanina nei dintorni della Darsena a Milano, accompagnato dal testo “Maranza viene catturato”.
È il debutto del cosiddetto movimento Articolo 52, che prende il nome dall’omonimo articolo della costituzione che recita: “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino”. Nell’account ufficiale su Instagram e nei canali Telegram compaiono comunicati incendiari, che contengono attacchi alla “magistratura corrotta e nemica del popolo” e propositi di moltiplicare le ronde perché “la violenza si combatte con la violenza”.
Il movimento ha però vita molto breve. Lo scorso luglio la polizia esegue nove perquisizioni in alcune città lombarde nei confronti di altrettante persone, indagate per associazione a delinquere e istigazione a delinquere. Tra loro figurano dei militanti di estrema destra che avevano partecipato a presidi di Forza nuova contro il degrado e l’immigrazione.
Un altro episodio violento si registra a Catanzaro, in Calabria. Nel settembre 2025 tre militanti di Forza nuova vengono messi agli arresti domiciliari con l’accusa di aver picchiato Oussama Ezzarhouny, un cittadino originario del Marocco e per questo identificato come maranza. I fatti risalgono allo scorso marzo: i neofascisti si trovavano per strada e stavano affiggendo uno striscione con la scritta “Maranza, a Catanzaro sono calci in pancia”.
La proposta leghista
C’è poi un’altra vicenda che ha contribuito a polarizzare il dibattito sui maranza: la morte di Ramy Elgaml, 19 anni, durante un inseguimento dei carabinieri, avvenuto a Milano il 24 novembre 2024 mentre si trovava su uno scooter guidato dall’amico Fares Bouzidi.
Nei giorni immediatamente successivi centinaia di persone erano scese in strada a Corvetto – il quartiere dove abitava Elgaml e dove si è verificato l’incidente – per chiedere “verità e giustizia” sulla scomparsa del ragazzo, a loro dire speronato dagli agenti. L’ipotesi è ancora al vaglio degli inquirenti, che hanno iscritto nel registro degli indagati per omicidio stradale sia Bouzidi che il carabiniere alla guida dell’auto.
In quell’occasione si erano verificati degli scontri con la polizia, che alcuni mezzi d’informazione avevano descritto come una “rivolta” assimilabile a quelle scoppiate nel 2023 nelle banlieue francesi dopo l’uccisione di Nahel Merzouk, un ragazzo di 17 anni.
È un paragone che anche la politica di destra ha invocato con forza, soprattutto in chiave xenofoba ed escludente. In un presidio, organizzato sempre a Corvetto, l’eurodeputata leghista Silvia Sardone ha dichiarato che “qui ci sono ragazzi anche di seconda e terza generazione che non si sono integrati, non vogliono integrarsi, non si sentono italiani, ci odiano per quello che siamo, odiano l’occidente”.
La stessa Sardone, nel corso dell’ultimo raduno leghista a Pontida, ha proposto una soluzione drastica al problema: “remigrare” gli stranieri, chi fa parte delle baby gang e i maranza. L’eurodeputata non è stata l’unica a parlare di “remigrazione”: l’hanno fatto anche i suoi colleghi di partito Roberto Vannacci e Isabella Tovaglieri, e i giovani militanti che hanno esposto uno striscione con la scritta “Lega antimaranza, la remigrazione avanza”.
Sebbene la Lega si sforzi di presentare la remigrazione come una misura di buon senso, in realtà si tratta di un piano apertamente anticostituzionale: prevede infatti l’esclusione di determinati gruppi dalla vita pubblica, sociale e lavorativa su base puramente etnica.
In questo senso, la campagna contro i maranza riguarda più l’idea di cittadinanza che la sicurezza urbana. Serve infatti a definire rigidamente i confini interni della nazione, che già sono molto chiusi a causa di una legge datata e restrittiva. E serve pure a disciplinare le nuove generazioni che, dice Tommaso Sarti, “secondo questo sistema devono essere grate di trovarsi in Italia e accontentarsi del ruolo inferiore e marginale che gli è assegnato”.
Ma l’emersione spontanea del fenomeno, aggiunge Seroussi, è comunque la spia che “in alcune parti del paese c’è già una società multirazziale e multiculturale, con tutti i difetti e le contraddizioni di quel tipo di società”. Nella fobia dei maranza, conclude, “si intravede esattamente l’ansia di vedere emergere un’Italia diversa”.
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