Da quando è tornato alla Casa Bianca Donald Trump ha sviluppato un metodo per le relazioni con il resto del mondo, che nella maggior parte dei casi funziona: prima impone dazi doganali proibitivi e poi tratta. Ma c’è un paese che non si lascia intimidire: la Cina!

Ogni volta che il presidente degli Stati Uniti pensa di aver ottenuto un successo, è costretto a modificare la sua posizione. All’inizio della settimana statunitensi e cinesi si sono ritrovati a Madrid per un negoziato commerciale e l’atmosfera era positiva. È stato trovato un accordo per consentire al social media TikTok di continuare a operare negli Stati Uniti sotto il controllo americano, e si è parlato della possibilità di una rara telefonata fra Trump e Xi, che potrebbe avvenire il 19 settembre.

Tuttavia il 18 settembre il Financial Times ha rivelato che la Cina ha proibito alle sue aziende di comprare semiconduttori prodotti dalla statunitense Nvidia, spegnendo l’ottimismo sulle trattative. Non è una notizia irrilevante. La Nvidia è la più grande azienda statunitense per capitalizzazione, oltre che la maggior specialista di chip per l’intelligenza artificiale. La scelta di Pechino mostra un’arte della trattativa molto sottile.

Le amministrazioni che si alternano a Washington, democratiche o repubblicane che siano, hanno sempre lo stesso obiettivo: bloccare o almeno rallentare lo sviluppo tecnologico della Cina. Le sanzioni e le restrizioni si moltiplicano ormai da un decennio. Già in passato la Nvidia aveva perso il diritto di esportare in Cina i suoi chip più avanzati per l’intelligenza artificiale, considerata il principale terreno di scontro tra le due potenze.

Il presidente della Nvidia Jensen Huang, originario di Taiwan, aveva negoziato direttamente con Trump un’eccezione: un chip concepito apposta per la Cina, in modo da non perdere del tutto un enorme mercato, limitando allo stesso tempo qualsiasi trasferimento di tecnologia.

Washington pensava che i cinesi si sarebbero accontentati, e invece Pechino ha contrattaccato con il divieto di comprare qualsiasi prodotto della Nvidia. La quotazione in borsa dell’azienda americana è precipitata dopo la notizia rivelata dal quotidiano londinese, che priva la Nvidia di un mercato colossale.

Priorità strategica

È il grande paradosso di questa guerra tecnologica sino-statunitense: le sanzioni hanno provocato un’impennata degli sforzi cinesi verso l’autosufficienza. Anche se non ottengono ancora risultati paragonabili a quelli della Nvidia, i produttori cinesi fanno rapidi progressi.

Ormai per la Cina si tratta di una priorità strategica. Ad aprile l’ufficio politico del Partito comunista cinese ha dedicato una giornata di studi all’intelligenza artificiale, mentre la direzione politica ha ribadito l’obiettivo di realizzare un’infrastruttura d’ia “indipendente, controllabile e collaborativa”. In questa missione si stanno investendo decine di miliardi di dollari, con campioni nazionali dai nomi importanti, come Huawei, Alibaba o Baidu.

È la grande sfida che la Cina lancia agli Stati Uniti: la tecnologia è oggi la base della potenza americana, con il peso determinante dei giganti della Silicon valley. Ma anche la Cina ha i suoi giganti, e un’ambizione altrettanto grande. La vicenda della Nvidia è solo l’ennesima manifestazione di questa dinamica. Il resto del mondo, Europa in testa, si limita a guardare la partita.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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