L’Italia, si sa, non è l’epicentro della musica dal vivo in Europa. Negli ultimi anni ha perso terreno e, anche se i tour di molti artisti importanti continuano a passare dalle nostre parti, i festival spesso faticano ad accaparrarsi i nomi stranieri. Ci sono vari esempi virtuosi, dai cosiddetti boutique festival (Ypsigrock, Secolare, Jazz:Re:Found) a eventi di medie e grandi dimensioni (I-days, C2C, Kappa FuturFestival, Locus, Medimex, La prima estate), ma anche altri meno fortunati. Le infrastrutture non sono sempre all’altezza e i fondi pubblici scarseggiano. Insomma, organizzare festival nel paese è una sfida.
A farci più concorrenza sono i soliti noti: Regno Unito, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Portogallo. Da qualche anno, però, bisogna fare i conti anche con l’Europa dell’est. In particolare l’area che comprende Albania, Bosnia, Bulgaria, Grecia, Kosovo, Croazia, Montenegro, Macedonia e Serbia è in crescita costante. Come ha dichiarato di recente alla rivista specializzata Pollstar Stefan Elenkov, fondatore del bulgaro Fest team (che quest’anno ospiterà i Cure, i Gorillaz, Moby e altri): “La Bulgaria e i Balcani non sono più mercati secondari. Offriamo eventi di grande impatto, superiamo le sfide logistiche e abbiamo un pubblico appassionato. Dai festival agli spettacoli negli stadi, siamo la prova che questa regione è ricca di opportunità”.
Nick Hobbs, fondatore dell’agenzia turca Charmenko e pioniere dei concerti nell’Europa dell’est, spiega che “il quadro varia molto da paese a paese”. Turchia e Serbia “sono in forte calo per ragioni politiche ed economiche, così come la Croazia”. Polonia e Repubblica Ceca “stanno andando piuttosto bene, mentre nei paesi baltici ci sono successi e fallimenti. Grecia e Bulgaria sono piuttosto vivaci, Romania e Slovacchia sono stabili”.
Ma perché gli artisti scelgono l’Europa dell’est? Secondo gli addetti ai lavori c’è un motivo principale: è un mercato inesplorato, dove i musicisti possono raggiungere nuovi fan, a differenza per esempio di quello italiano, ormai abbastanza saturo. In alcuni stati dei Balcani mancano ancora le strutture adatte ai concerti, soprattutto le arene al chiuso, ma diverse città stanno provando ad attrezzarsi. A Plovdiv, in Bulgaria, il lago è usato come luogo per i concerti, così come l’antico teatro romano, dove il Fest team quest’anno ha ospitato le date dei Dream Theater e di Nick Cave & The Bad Seeds. Il porto di Burgas, sul mar Nero, si sta trasformando in una calamita per i festival, con eventi come lo Spice music festival. In città come Bucarest, Atene e Sofia mancano ancora le infrastrutture.
Spostandosi altrove, un luogo molto adatto è l’Atlas arena di Łódź, la terza città più grande della Polonia. Solo nel 2025 questa struttura da 13.800 posti ha ospitato concerti di Limp Bizkit, Lionel Richie, Andrea Bocelli, Twenty One Pilots, Tate McRae, Carlos Santana, Thirty Seconds To Mars e Ghost, oltre a eventi sportivi internazionali. Il mercato polacco, tra l’altro, è uno di quelli che crescono di più in Europa. Ad alimentarlo c’è anche il successo degli artisti locali, che sempre più spesso riescono a riempire gli stadi.
Non va tutto a gonfie vele, comunque. Nei Balcani l’aumento dei costi, in particolare dopo la pandemia e la guerra in Ucraina, ha messo in difficoltà gli organizzatori di eventi, anche perché mediamente i redditi sono più bassi rispetto al resto d’Europa, seppur con delle eccezioni (come la Polonia, dove i salari continuano a crescere). Anche dal punto di vista burocratico i problemi non mancano. Nick Hobbs parla delle difficoltà della sua Charmenko: “Siamo sotto pressione. Abbiamo perso il 20-25 per cento del nostro fatturato quando la Russia ha invaso l’Ucraina, e prima ancora c’è stato il covid, a cui siamo sopravvissuti indebitandoci. La maggioranza dei grandi artisti è controllata dalla Live nation, mentre il resto del mercato è molto competitivo e non è facile andare in pari. Siamo in bilico. Quando la guerra in Ucraina finirà, spero che torneremo come nel 2019, quando le cose andavano meglio”.
Secondo Stefan Elenkov, una delle soluzioni può essere “diversificare le entrate tramite sponsorizzazioni, attivazioni digitali e partnership tra pubblico e privato a lungo termine. Inoltre collaboriamo molto con le amministrazioni locali”. Insomma, i concerti nell’Europa dell’est sono una frontiera da esplorare. Da anni mi chiedo come mai Jack White, uno dei migliori performer dal vivo in circolazione, non sia mai stato a suonare nel nostro paese dopo la fine dei White Stripes. Qualche giorno fa ho visto che il festival InMusic di Zagabria l’ha annunciato tra gli headliner dell’edizione 2026. Chi lo sa, magari arriverà anche nel nostro paese, ma per il momento 1-0 a per loro.
Questo testo è tratto dalla newsletter Musicale.
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