Ricordate che il governo Meloni sembrava pensare solo alla crisi dell’auto? Le audizioni dell’ex amministratore delegato della Stellantis Carlos Tavares e del presidente John Elkann erano la sua ossessione. Vari ministri promettevano di portare in Italia produttori cinesi per rimpiazzare l’ex Fiat. Non è successo niente e il tema è sparito dall’agenda. Eppure la crisi strutturale è evidente. Nel 2024 la Germania ha prodotto 4,1 milioni di automobili, il 20 per cento in meno che nel 2000. L’Italia 310mila, l’80 per cento in meno. Il settore italiano era sostenuto dai veicoli commerciali, ma ora la Stellantis ha ceduto la Iveco agli indiani della Tata. Anche il modello tedesco, fondato sulle auto di fascia alta con grossi margini di profitto, si è inceppato. Per essere redditizia, una fabbrica deve lavorare all’80 per cento della sua capacità produttiva. Secondo un’indagine di Automotive News, quelle tedesche sono operative al 67 per cento. In Italia siamo al 47 per cento, e le scelte drastiche sembrano inevitabili, anche se sono sempre rinviate o diluite per paura di conseguenze politiche e sociali. I tedeschi, poi, si stanno riconvertendo all’auto elettrica molto più in fretta degli italiani. Il governo Meloni rischia che il problema riesploda proprio in vista delle politiche del 2027. Meglio pensarci prima. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati
 
			 
                         
                     
                     
                    





 
	                 
	                 
	                 
            