A quanto pare le cinque famiglie mafiose di New York hanno ancora qualche carta da giocare. Ne sono convinti gli inquirenti federali e locali, che il 23 ottobre hanno formalizzato una serie di accuse contro persone legate a quattro delle cinque famiglie. Avrebbero gestito un complesso meccanismo per truccare partite di poker, incassando milioni di dollari. Le persone truffate erano attirate dalla possibilità di giocare con figure di spicco dell’Nba, il campionato professionistico di basket.

Ne è passato di tempo da quando le famiglie mafiose controllavano l’edilizia, lo smaltimento dei rifiuti e le attività commerciali nella zona del porto e nel distretto tessile. Ma la criminalità organizzata, sostengono gli esperti, è ancora attiva, anche se si fa notare meno. La sua presenza è particolarmente forte nell’area metropolitana di New York.

Secondo gli investigatori, la mafia è rimasta in piedi nonostante le indagini e i processi che negli ultimi quarant’anni, anche grazie al contributo di tanti informatori, hanno portato a migliaia di condanne e decimato i vertici delle cinque famiglie. Nel corso degli anni i criminali più astuti hanno imparato che la violenza – per non parlare delle vanterie di boss come John Gotti, capo della famiglia Gambino negli anni ottanta – attira l’attenzione delle forze dell’ordine e aumenta il rischio di finire in carcere, dove le opportunità di fare soldi sono decisamente poche.

Tavoli alterati

Le organizzazioni “hanno semplicemente modificato il modo di operare”, spiega Mike Mullahy, agente esperto dell’Fbi che ha guidato le indagini sulle partite di poker. “L’atteggiamento spudorato e aggressivo del passato non ha prodotto grandi risultati, così hanno cambiato approccio e tecniche, e di conseguenza noi abbiamo cambiato il modo di indagare”.

Gli atti d’accusa dell’operazione sono stati resi pubblici insieme a quelli di un’indagine separata, che non sembra riguardare la mafia ma ha portato all’incriminazione di tre giocatori e allenatori dell’Nba e di altri tre uomini per aver truffato gli scommettitori e le aziende di scommesse per milioni di dollari.

Nell’indagine legata alle partite di poker i procuratori hanno incriminato 32 persone, accusandone undici di essere affiliate alle famiglie Gambino, Genovese, Bonanno e Lucchese, compreso Ernest Aiello, considerato il capo provvisorio della famiglia Bonanno. Le accuse includono la frode digitale, il riciclaggio, le scommesse illegali, l’estorsione e la rapina.

I due casi non sono direttamente collegati, ma tre uomini (estranei alla mafia) sono stati incriminati in entrambe le inchieste, condotte in parallelo.

Le scommesse illegali, da tempo una delle attività più redditizie per la mafia insieme all’usura e all’estorsione, continuano ad assicurare grandi incassi alle cinque famiglie. Tuttavia, il meccanismo scoperto dagli inquirenti, che non lasciava nulla al caso, dimostra che le organizzazioni si sono evolute seguendo le ultime innovazioni tecnologiche. Gli scommettitori più facoltosi venivano adescati nelle sale da gioco clandestine di Manhattan e degli Hamptons, dove senza saperlo si trovavano a giocare con bari professionisti. Le macchine per mescolare le carte erano truccate con chip capaci di leggere per intero i mazzi, in modo che la mano di ogni giocatore fosse rilevata in tempo reale e comunicata a uno dei bari.

La complessità del meccanismo e il coinvolgimento di quattro delle cinque famiglie di New York indicano che la criminalità organizzata è in ottima salute. È presumibile che le organizzazioni si siano rafforzate silenziosamente mentre le prio­rità delle forze dell’ordine si concentravano su altro, dal terrorismo dopo l’11 settembre all’immigrazione sotto l’amministrazione Trump.

“Ho indagato su queste famiglie per 15 anni e posso dirvi che non sono mai scomparse”, spiega Seamus McElearney, ex agente dell’Fbi che ha gestito indagini su tre famiglie criminali e ha scritto un libro sulla sua attività passata. “Trovano sempre il modo di adeguarsi e fare soldi”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati