In questi tempi confusi c’è un solo indicatore facilmente comprensibile: il prezzo dell’oro. Ormai vicino ai 3.400 dollari per oncia troy (circa 31 grammi), è raddoppiato negli ultimi due anni. Da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, a gennaio, è aumentato del 30 per cento. Non è una coincidenza. Comprano oro in gran parte le banche centrali. Le statistiche non sono molto trasparenti, ma sappiamo che la Cina è tra i grandi acquirenti. Non è aumentata la necessità di avere oro, che resta poco utile dal punto di vista dell’impiego pratico. Ma la sua funzione moderna è quella di riserva di valore affidabile. E dato che il suo prezzo è fissato in dollari, se gli investitori vogliono liberarsi dei dollari, comprare oro è una soluzione rapida.

L’amministrazione Trump vuole indebolire il dollaro per favorire le esportazioni e ridurre il deficit commerciale che ossessiona il presidente. Ma la politica economica statunitense è ormai così imprevedibile e contraddittoria che mette a rischio il ruolo stesso degli Stati Uniti nel mondo. Dal 1971, quando il presidente Richard Nixon abbandonò la convertibilità dei dollari in oro, la valuta statunitense non è più garantita dai lingotti, ma dalla credibilità dell’economia. Una credibilità che con Trump sta svanendo in fretta. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati