Da più di vent’anni Siavash Safarianpour racconta agli iraniani cosa accade sopra le loro teste. Il suo programma, Aseman-e shab (Il cielo notturno), propone ogni settimana 45 minuti di divulgazione astronomica con incursioni nella storia del pensiero scientifico. Nato da una passione coltivata fin dall’infanzia dall’autore, il progetto ha saputo smussare lo scetticismo diffuso verso una disciplina che osserva le stelle con sguardo laico. In uno studio che sembra un asteroide arenato sulla Terra, Safarianpour, sostenuto da una rete d’inviati che trasmette riprese notturne da ogni angolo del paese, si muove con disinvoltura tra grafiche e immagini dello spazio profondo, intrecciando l’attualità astronomica con rimandi all’antica Persia: le feste del Nowruz e della Shab-e Yalda, che sancivano il legame tra calendario celeste e vita sociale, le osservazioni di Avicenna contro l’astrologia, fino alle riflessioni di Mulla Sadra, che tentò di collegare cosmologia e realtà spirituale. Oltre a vincere numerosi premi, a diventare capofila del progetto internazionale Heritage of the sky promosso dall’Unione astronomica internazionale, e a ispirare una generazione di scienziati, il programma ha costruito con il pubblico un rapporto anche emotivo, che si rinnova ogni settimana. Un legame, sostiene lo stesso Safarianpour, custodito nello sguardo sospeso, pacificato e libero di un cielo attraversato solo da stelle. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati