Teju Cole a Cambridge, nel Massachusetts, Stati Uniti, 2 ottobre 2023. (Kayana Szymczak, Guardian/Eyevine/Contrasto)

Quant’è cambiata, nel tempo, la parola “resistenza”. Teju Cole, scrittore e saggista cresciuto in Nigeria che vive negli Stati Uniti, ricorda che fu il coraggio di chi partecipò alla resistenza contro il nazismo e il fascismo a rendere sacra la parola.

“Guardiamo a queste persone con timorosa ammirazione”, scrive Cole in Carta nera, appena pubblicato da Einaudi nella traduzione di Gioia Guerzoni. Molte di loro furono catturate, torturate e uccise. Chi resisteva metteva a rischio la sua vita senza neppure sapere se il suo gesto sarebbe servito a qualcosa.

Oggi si parla di nuovo di resistenza, ma il contesto è diverso. “Di fronte a un regime volgare, maniacale e crudele le persone più diverse sono ansiose di proclamarsi membri della resistenza”.

Come possiamo recuperare il senso iniziale, il principio alla base della parola resistenza?

“Propongo una resistenza che parta dal rifiuto. Rifiutare una resistenza priva di coraggio. Rifiutare l’arena convenzionale e portare la lotta altrove. Rifiutare di mangiare con il nemico, rifiutare di alimentare il nemico. Rifiutare di partecipare alla logica della crisi, rifiutare di reagire alle sue provocazioni. Rifiutare di dimenticare le offese dell’anno scorso, del mese scorso e della settimana scorsa. Rifiutare il ciclo delle notizie, rifiutare i commenti. Rifiutare di anteporre il valore della notizia alla solidarietà umana. Rifiutare di farsi intimidire dal pragmatismo. Rifiutare di essere giudicati dai cinici. Rifiutare di trovare consolazione troppo facilmente. Rifiutare di ammirare la pura e semplice sopravvivenza politica. Rifiutare il calcolo del male minore. Rifiutare la nostalgia. Rifiutare di riderci sopra. Rifiutare la visione binaria del terribile passato e dell’atroce presente. Rifiutare di ignorare la condizione di chi viene imprigionato, torturato e deportato. Rifiutare di farsi ipnotizzare dalle dimostrazioni di potere. Rifiutare il branco. Rifiutare il gioco, rifiutare il decoro, rifiutare le accuse, rifiutare la distrazione, che è solo un altro nome per tollerare il male. E quando vi viene detto che non potete rifiutare, rifiutate anche quello”. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 9. Compra questo numero | Abbonati