Il 20 giugno l’esercito israeliano ha di nuovo aperto il fuoco sui palestinesi durante la distribuzione degli aiuti umanitari, uccidendo almeno venti persone. Una storia diventata ormai una terribile routine. Nello stesso giorno è stata diffusa la notizia che alcuni attivisti del gruppo britannico Palestine action erano entrati in una base della Royal Air Force (l’aeronautica militare britannica) imbrattando due aerei con lo spray in segno di protesta contro quella che hanno definito “la partecipazione diretta del Regno Unito al genocidio e ai crimini di guerra in Medio Oriente”. Una di queste due vicende ha causato la morte di almeno venti civili. Nell’altra non c’è stata nessuna violenza né morti o feriti. Ora il governo britannico ha annunciato che uno dei due episodi sarà considerato un atto terroristico. Indovinate quale.
Tra le organizzazioni internazionali c’è un consenso unanime sul fatto che Israele sta commettendo crimini di guerra a Gaza. Nel novembre 2024 una commissione speciale delle Nazioni Unite ha rilevato che la campagna di Israele a Gaza era compatibile con le caratteristiche di un genocidio. A dicembre un’inchiesta di Amnesty international ha concluso che lo stato ebraico “ha commesso e sta continuando a commettere un genocidio”. Una serie di attacchi israeliani illegali all’Iran è riuscita a coinvolgere gli Stati Uniti, in violazione del diritto statunitense e internazionale. Mentre i massacri a Gaza continuano, l’aggressione israeliana minaccia d’innescare vasti conflitti regionali e forse perfino mondiali.
Dopo che il 24 giugno il governo britannico ha stabilito che Palestine action è un’organizzazione terroristica, basterà farne parte per commettere un crimine
Eppure il Regno Unito continua a fornire intelligence militare a Israele e le aziende britanniche gli vendono armi. In un sondaggio dell’anno scorso, il 56 per cento degli elettori britannici si è dichiarato a favore di un embargo totale sulla vendita di armamenti allo stato ebraico. In tutto il Regno Unito centinaia di migliaia di persone hanno partecipato a manifestazioni chiedendo la fine del massacro. Ma il governo insiste nel suo sostegno alla campagna militare di Tel Aviv. Le proteste di massa pacifiche, nonostante un consenso maggioritario tra la popolazione, non hanno prodotto risultati. Di fronte al sostegno dello stato al genocidio, cosa dovrebbero fare le persone perbene?
Gli attivisti che hanno fatto irruzione nella base dell’aviazione a Brize Norton sapevano di violare la legge. Dalle suffragiste al movimento per i diritti dei gay fino alla lotta contro l’apartheid, la resistenza politica ha comportato sempre l’infrazione consapevole delle leggi. Come scrisse Martin Luther King Jr da un carcere di Birmingham: “Abbiamo la responsabilità morale di disobbedire alle leggi ingiuste”. E la fornitura di armi per facilitare un genocidio è più che ingiusta: è un abisso di orrore morale. Le persone abbastanza coraggiose da violare la legge per protestare, molte delle quali stanno già scontando pene in carcere, meritano il nostro rispetto.
Mettere al bando un’organizzazione sulla base delle leggi contro il terrorismo, però, è una cosa diversa dall’accusare un singolo individuo di un reato. Dopo che il 24 giugno il governo ha stabilito che Palestine action è un’organizzazione terroristica, basterà farne parte per commettere un crimine. Non solo, anche esprimere il proprio sostegno al gruppo, come sto facendo io adesso, può rappresentare un reato punibile con un massimo di quattordici anni di carcere.
Secondo la legge britannica, il ministro dell’interno ha un ampio margine di discrezione per dichiarare fuori legge qualsiasi organizzazione “coinvolta nel terrorismo”. Finora questa procedura era stata usata sempre e solo contro gruppi coinvolti in forme di lotta armata violenta, o che la promuovevano. Ma è fondamentale notare che la legge caratterizza il terrorismo in modo abbastanza vago, così da far rientrare nella definizione anche il danno a beni materiali e la manomissione di sistemi elettronici. A questo punto nel Regno Unito chiunque in teoria potrebbe finire in carcere semplicemente per aver detto di appoggiare una forma di attivismo non violento. Questo rappresenta una preoccupante limitazione della libertà di espressione.
Palestine action non è un gruppo armato e non rappresenta un rischio per la popolazione. Tra i suoi metodi c’è il sabotaggio che, ovviamente, è illegale. Ma se uccidere almeno venti civili durante la distribuzione degli aiuti umanitari non è terrorismo, come possiamo accettare che lo sia imbrattare un aereo con una bomboletta spray?
Le forme di protesta che rientrano nella legalità finora non sono riuscite a fermare il genocidio. Più di cinquantamila bambini sono stati uccisi o feriti. In quali circostanze la disobbedienza civile potrebbe mai essere giustificata se non ora? Ammiro e sostengo senza riserve Palestine action. E continuerò a farlo, anche questo significa commettere un reato. ◆ fdl
Questo articolo è uscito sul Guardian.
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Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati