La storia dell’umanità è costellata di lotte per i diritti e, anche se non sempre in modo lineare, tende a procedere in una lenta conquista di nuove libertà. In questo percorso però ci sono dei momenti cruciali di rottura, di rivoluzione, in cui la battaglia sembra compiere improvvisamente un salto in avanti.

Per le persone lgbt+ uno di questi momenti sono stati i moti di Stonewall, avvenuti a New York, negli Stati Uniti, nel giugno 1969: in risposta all’ennesima retata della polizia in un locale gay, i clienti e la comunità del Greenwich Village reagirono con forza. Per diverse notti centinaia di persone manifestarono contro gli abusi e la discriminazione. Fu una protesta spontanea che coinvolse figure marginalizzate come drag queen, persone trans e giovani senza tetto lgbt+. L’evento diventò un simbolo di resistenza e l’anno dopo ispirò a Los Angeles, Chicago e New York le prime di molte marce per i diritti lgbt+ che dopo qualche anno avrebbero preso il nome di Pride e che, con il tempo, avrebbero trasformato giugno nel mese dell’orgoglio lgbt+ in tutto il mondo.

Anche la comunità lgbt+ italiana ha avuto i suoi momenti decisivi. Nel 1972 a Sanremo c’è stata la prima manifestazione lgbt+ nel paese, una protesta contro un congresso internazionale di sessuologia organizzato da alcune istituzioni cattoliche. Poi, nel 1994, a Roma è stata la volta del primo Pride. Ma c’è un evento che più di altri ha contribuito a far fare quel salto in avanti che le persone gay, lesbiche, bisessuali e trans italiane aspettavano da tempo: il World pride di Roma del 2000.

Nell’anno del giubileo, che avrebbe portato nella capitale milioni di fedeli cattolici, il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, insieme alle altre organizzazioni lgbt+ italiane, decise di organizzare un World pride, cioè una marcia mondiale.

“Roma si preparava a essere invasa da pellegrini”, racconta l’attivista Imma Battaglia, che all’epoca era la presidente del circolo Mario Mieli, “e noi abbiamo deciso di prenderci lo spazio che meritavamo e di fare il nostro giubileo”. La scelta si rivelò esplosiva: il Vaticano si scagliò con forza contro la manifestazione che considerava un’offesa alla religione cattolica. La politica si fece trovare impreparata a gestire la situazione, tra chi pensava che il World pride dovesse essere fermato e chi invece credeva che fosse un fondamentale esercizio di libertà.

Fino ad allora i diritti delle persone lgbt+ erano rimasti abbastanza ai margini del dibattito italiano, ma nei mesi precedenti alla manifestazione il paese si trovò a discutere se fosse giusto che gay, lesbiche, bisessuali e trans occupassero lo spazio pubblico per affermare i loro diritti.

Durante un question time alla camera dei deputati, l’allora presidente del consiglio Giuliano Amato disse che riteneva molto inopportuno tenere il World pride a Roma nel 2000, ma che non si poteva vietare perché “purtroppo c’è la costituzione, che ci impone vincoli e costituisce diritti”. Alla fine, nonostante i molti tentativi di bloccare, deviare o rinviare il corteo, l’8 luglio 2000 più di duecentomila persone scesero in piazza.

Dopo anni di cortei con poche migliaia di persone a cui partecipavano quasi solo attiviste e attivisti, il primo World pride della storia spinse in strada la società civile italiana e inserì i diritti delle persone lgbt+ tra i fondamenti della politica progressista del paese.

A venticinque anni di distanza, insieme ad Alberto Emiletti, giornalista di Internazionale, abbiamo deciso di raccontare questo evento storico nel podcast Pride, scritto con Jonathan Zenti. Nel 2000 io e Alberto eravamo volontari del circolo Mario Mieli e in otto puntate ricostruiremo la più grande manifestazione per i diritti lgbt+ del nostro paese attraverso le voci dei protagonisti e delle protagoniste dell’epoca. Per ricordare una tappa fondamentale, ma spesso dimenticata, nella storia dei diritti civili in Italia. E per contribuire, oggi, a tenere aperta quella strada.

Pride è un podcast di Internazionale in otto puntate, disponibile sul sito di Internazionale e su tutte le principale piattaforme di ascolto. I primi due episodi sono già online.

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