Non ho mai conosciuto Goffredo Fofi, ma ho ascoltato con una certa invidia i tanti racconti di scrittrici e registi emergenti che avevano gravitato intorno alla sua figura, o di gente che l’aveva incrociato brevemente e che, nell’annunciargli un proprio libro, s’era sentita rispondere: “Scrivono proprio tutti, ormai”. Questa rubrica è stata sua, prima di passare a me: a lungo mi sono chiesta cosa pensasse di quel che scrivevo, ma poi mi dicevo che, forse, era meglio non saperlo. Ho comprato Son nato scemo e morirò cretino a un’edizione del salone del libro di Torino dove sarebbe dovuto intervenire, senza però riuscirci. È difficile sintetizzare il peso di un intellettuale così prolifico, nel numero di scritti, nella sua capacità di coltivare un humus culturale, nella militanza politica, nell’importanza delle riviste in cui è stato coinvolto. Questa antologia curata da Emiliano Morreale fornisce uno scorcio in ordine cronologico del pensiero di Fofi e di come ha letto la contemporaneità tra la fine del novecento e l’affaccio del nuovo millennio. Tra i miei preferiti c’è un lungo articolo su La storia di Elsa Morante, che mi pare mostrare meglio di altri il suo profilo più vivido: il suo essere schiettamente controcorrente, la sua aperta indipendenza, la capacità di analizzare i meriti e insieme le contraddizioni di un’opera. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1623 di Internazionale, a pagina 113. Compra questo numero | Abbonati