“Quando agli intellettuali non resta altro da fare, fondano una rivista. Ma fondare una rivista è comunque fare qualcosa: se non altro è pensare insieme. E pensare insieme può portare a risultati imprevedibili”.

Sono parole di Irving Howe, critico letterario e militante di sinistra statunitense, che sembrano spiegare bene la ragione di una delle attività preferite di Goffredo Fofi, quella che forse lo divertiva più di tutte, o che comunque ha fatto in modo frenetico: inventare riviste. Ne ha fondate tantissime, senza fermarsi mai, quasi fino alla fine. Era il suo modo di pensare insieme.

Ma leggendo la rubrica sui libri che per quasi vent’anni ha scritto ogni settimana su Internazionale si vedeva bene anche un altro dei suoi tratti distintivi.

Fofi era sempre alla ricerca di persone, possibilmente giovani, che facessero cose belle e utili, e quando le trovava allora le sosteneva, le seguiva, le incoraggiava e le pungolava, le spingeva ad andare avanti, rimproverandole gentilmente quando cedevano alle tentazioni, quando sceglievano scorciatoie.

Il suo sforzo somigliava molto al suggerimento che Italo Calvino dà per non soffrire “nell’inferno dei viventi” (quello che “abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme”), e cioè “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Però se si dovesse provare a riassumere cos’ha fatto per tutta la vita Goffredo Fofi, queste sue poche parole, dette in un’intervista a Felice Pesoli nel documentario Suole di vento, sono perfette, e sono anche un invito da tenere sempre a mente: “Che fare? Resistere, che è già una gran fatica. Studiare, guai a non studiare. Fare rete, ma non quella porcata che è il web (web vuol dire anche ragnatela: c’è il grande ragno del capitale, i moscerini finiscono nella rete e lui se li mangia tutti). E un’ultima cosa: rompere i coglioni”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1623 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati