Chiamare i propri amanti con il nome sbagliato di notte. E se fosse successo anche a Beethoven? La relazione in questione non ha avuto questo aspetto erotico, ma è quello a cui inevitabilmente si pensa ascoltando Für Therese di Kety Fusco, libera reinterpretazione di Für Elise del compositore tedesco. Anche perché di fatto Elise non esiste e Beethoven nel 1810 covava il suo desiderio inappagato per la musicista austriaca Therese Malfatti. Più di duecento anni dopo arriva Für Therese, gestita con un’arpa classica elettroacustica amplificata da 47 microfoni e una serie di distorsioni per creare l’effetto di una voce intrappolata: è la bonus track di Bohème, in uscita a settembre per l’etichetta A Tree In A Field Records. Su Kety Fusco c’è da essere lapidari e discorsivi allo stesso tempo: la compositrice italosvizzera e arpista è riuscita a dare un nuovo universo semantico al suo strumento, rendendolo inquieto e orientato alla sacralità dell’orrore in un suono che non diventa mai gotico e pesante, né un retaggio di altre epoche oscure. È intuitiva, poetica e consegnata all’arpa come sul fronte pop poteva apparire Tori Amos rispetto al pianoforte, ma anche meno nervosa. Ha più la forma di una compositrice d’avanguardia capace di dialogare con la musica leggera senza perdere spessore. C’è aspettativa per questo disco, anticipato da una collaborazione con Iggy Pop in She, che fa il paio con The pure and the damned con Oneohtrix Point Never del 2017. Da tornarci sopra, usando l’estate come momento dell’attesa. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1623 di Internazionale, a pagina 116. Compra questo numero | Abbonati