**◆ **Insomma, è sicuro che l’arte del politico debba seguitare a fondarsi sullo scilinguagnolo, come ai tempi di Demostene o di Cicerone? E mettiamo pure che sia così, siamo certi che il politico per eccellenza sia il “grande comunicatore”, una specie di re di tutte le azioni comunicative? La cosa migliore, per trovare una risposta, è prendere qualche grande comunicatore locale o planetario e vedere quali grandi comunicazioni ha fatto e fa. Se i contenuti risultano piccoli piccoli, se sono messi per iscritto con mediocri trucchetti retorici, se il corpo stesso del politico con la sua tonalità e gestualità è pura messinscena organizzata da esperti in base a canoni stravecchi, è inutile parlare di “grande” e chissà, nemmeno di “comunicazione”. Quando uno infatti mette in comune il niente, la fesseria, la trovatina, la rovinosa pochezza, che merito c’è e soprattutto dov’è l’arte della comunicazione politica? Troviamo altri vocaboli, non foss’altro che per chiarezza: l’abbindolatore, il venditore di fumo, il mestatore, l’imbroglione. Anche se – va detto – ogni tanto qualche frasetta miracolosamente pare sincera. Conte, per esempio, rivendicando giustamente che spetta al suo governo spendere i miliardi in arrivo, ha sottolineato che se li dissiperà, non attenderà gli elettori per andarsene con ignominia. Con ignominia, sì, parola un po’ desueta, ma impegnativa. Ricordiamocela.

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Questo articolo è uscito sul numero 1378 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati