È stata un’altra settimana intensa. Il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il ritorno degli aiuti umanitari, la liberazione degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi, il vertice di Sharm el Sheikh con i potenti del mondo, tutti i dubbi e le incognite sul piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che dovrebbe “mettere fine alla guerra” e “aprire una nuova pagina di sicurezza e stabilità regionale”.

Possiamo ricostruire i momenti più significativi con un racconto per immagini di giornate che nel bene e nel male resteranno nella storia.

Città di Gaza, 9 ottobre 2025

Ebrahim Hajjaj, Reuters/Contrasto

La giornalista di Al Jazeera Nour Abu Rokba in servizio mentre il personale delle squadre di soccorso festeggia l’annuncio dell’approvazione del piano proposto da Donald Trump per mettere fine alla guerra tra Israele e Hamas. Il cessate il fuoco nella Striscia è entrato in vigore il 10 ottobre e gli aiuti umanitari sono ripresi dopo mesi di blocco israeliano. Lo scambio tra prigionieri palestinesi e gli ostaggi israeliani è avvenuto il 13 ottobre, mentre l’esercito di Tel Aviv dovrebbe ritirarsi fino a una linea concordata all’interno dell’enclave. Le fasi successive dell’accordo devono ancora essere negoziate e ci sono molti punti in sospeso, tra cui il disarmo di Hamas e la gestione del territorio, che dovrebbe essere affidata a un “organismo internazionale di transizione”.

Striscia di Gaza centrale, 12 ottobre

Mahmoud Issa, Reuters/Contrasto

Palestinesi sfollati nel sud della Striscia di Gaza in cammino per tornare alle loro case nel nord del territorio, che hanno dovuto abbandonare di fronte all’avanzata dell’esercito israeliano. Negli ultimi giorni almeno 300mila persone sono tornate nel nord. Dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco, Hamas ha schierato i suoi miliziani nel nord della Striscia nel tentativo di riprenderne il controllo. Nella città di Gaza ci sono stati scontri con esponenti della potente famiglia Dughmush, che da tempo ha relazioni tese con Hamas, e ci sono stati morti da entrambe le parti. Hamas ha inoltre preso di mira chi considera “collaborazionisti e traditori”, cioè le milizie e i gruppi armati sostenuti da Israele e coinvolti nei furti di aiuti. Nelle settimane passate questi gruppi, in particolare le cosiddette Forze popolari, sotto il comando di Yasser Abu Shabab, avevano preso il controllo di parti del territorio. Sono state denunciate sparatorie ed esecuzioni in varie zone. In uno scontro a fuoco è stato ucciso anche il noto giornalista Saleh Aljafarawi.

Khan Yunis, Striscia di Gaza, 12 ottobre

Ramadan Abed, Reuters/Contrasto

Una folla si raduna intorno ai primi camion carichi di aiuti umanitari autorizzati a entrare nel territorio palestinese attraverso il valico di Kerem Shalom, controllato da Israele. Il 12 ottobre sono entrati 400 camion della Croce rossa egiziana carichi di provviste e altri cinquanta che trasportavano carburante. Le agenzie delle Nazioni Unite e la Croce rossa hanno però avvertito della necessità di aumentare le consegne per alleviare la carestia in corso nel territorio. Ieri le autorità israeliane hanno bloccato l’ingresso degli aiuti in risposta alla lentezza di Hamas nel consegnare i corpi degli ostaggi morti. Il valico dovrebbe riaprire a breve.

Gerusalemme, 13 ottobre

Saul Loeb, Reuters/Contrasto

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump tiene il suo discorso davanti alla knesset, il parlamento israeliano. Trump è stato accolto da una standing ovation e celebrato come un eroe. Alcuni deputati indossavano i berretti rossi tipici del suo movimento Maga (Make America great again), distribuiti per l’occasione. Trump ha promesso l’avvento di un’età dell’oro per il Medio Oriente e ha elogiato Benjamin Netanyahu, chiedendo al presidente israeliano Isaac Herzog di graziare il primo ministro, coinvolto in procedimenti giudiziari per corruzione, frode e abuso d’ufficio. Il suo discorso è stato interrotto solo brevemente quando due parlamentari di sinistra, Ayman Odeh e Ofer Cassif, sono stati espulsi dopo aver mostrato un cartello che chiedeva il riconoscimento dello stato di Palestina.

Tel Aviv, Israele, 13 ottobre

Chris McGrath, Getty Images

La folla radunata nella piazza degli ostaggi, dove negli ultimi due anni si sono tenute ogni settimana proteste e mobilitazioni per le persone rapite da Hamas il 7 ottobre 2023, festeggia la loro liberazione. I primi sette ostaggi sono stati consegnati in mattinata al Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) nella città di Gaza, mentre l’esercito ha confermato la liberazione di un secondo gruppo con gli ultimi tredici poco prima di mezzogiorno. A differenza delle precedenti liberazioni di ostaggi, non è stata organizzata alcuna cerimonia né celebrazione pubblica e il passaggio al Cicr non è stato trasmesso in diretta. Migliaia di persone hanno comunque seguito l’evento dalla piazza diventata simbolo del movimento per la liberazione degli ostaggi.

Petah Tiqwa, Israele, 13 ottobre

Stoyan Nenov, Reuters/Contrasto

Evyatar David, rapito da Hamas durante il festival musicale Nova il 7 ottobre 2023, arriva in ospedale insieme alla sua famiglia dopo essere stato rilasciato. Tutti gli ostaggi, che hanno trascorso 738 giorni in prigionia, sono stati sottoposti ad accertamenti medici. Nei giorni successivi sono cominciate a emergere le loro storie. Alcuni hanno raccontato di essere stati nascosti in tende e in tunnel e di essere stati torturati e maltrattati. Altri hanno rievocato momenti di coesistenza con i loro carcerieri. La riconsegna dei corpi degli ostaggi morti è ancora in corso. La portavoce di Netanyahu ha affermato che un “organismo internazionale”, previsto nell’ambito del piano statunitense, dovrebbe aiutare a localizzare i resti.

Khan Yunis, Striscia di Gaza, 13 ottobre

Reuters/Contrasto

L’immagine scattata da un drone della folla riunita intorno all’ospedale Nasser di Khan Yunis per accogliere gli autobus con a bordo i prigionieri palestinesi rilasciati dalle carceri israeliane. Come previsto dal piano di Trump, sono stati rilasciati 1.700 palestinesi arrestati nella Striscia di Gaza dopo il 7 ottobre 2023 e 250 condannati all’ergastolo per motivi di sicurezza, tra cui molti per attentati contro gli israeliani. Una parte dei prigionieri liberati è stata accolta con entusiasmo a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, dove però le autorità israeliane avevano vietato celebrazioni di massa. Un gruppo di circa 150 è stato deportato in Egitto. Nelle carceri israeliane ci sono ancora circa novemila prigionieri palestinesi, di cui un terzo si trova in detenzione amministrativa, cioè è trattenuto senza processo e senza un’accusa formale.

Khan Yunis, Striscia di Gaza, 13 ottobre

Abdalhkem Abu Riash, Anadolu/Getty Images

Un palestinese accolto dai suoi familiari dopo il rilascio. Molti ex prigionieri sono apparsi in condizioni di salute precarie e hanno denunciato una detenzione terribile: persone bendate e ammanettate per mesi, torture fisiche e psicologiche, privazione di cibo e divieto di comunicare con l’esterno. Alcuni hanno scoperto solo una volta rientrati nella Striscia che i loro familiari erano stati uccisi e le loro case distrutte. Due leader palestinesi la cui liberazione era stata chiesta da Hamas durante le trattative – Marwan Barghouti (il più importante prigioniero politico palestinese) e Ahmed Saadat (che guida il Fronte popolare per la liberazione della Palestina) – non sono stati inclusi nella lista.

Sharm el Sheikh, Egitto, 13 ottobre

Yoan Valat, Reuters/Contrasto

Dopo il suo discorso al parlamento israeliano, Donald Trump è volato a Sharm el Sheikh, in Egitto, dove ha copresieduto con il suo collega egiziano Abdel Fattah al Sisi un vertice a cui hanno partecipato numerosi leader internazionali, ma non il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu né i rappresentanti di Hamas. Insieme ai leader di Egitto, Qatar e Turchia, Trump ha firmato una dichiarazione sulla Striscia di Gaza che riafferma l’impegno comune a “perseguire una visione di pace” in Medio Oriente. Il documento, diffuso a fine giornata dalla Casa Bianca, si limita tuttavia a sottolineare la necessità di raggiungere una “pace duratura” tra Israele e i suoi vicini, compresi i palestinesi, senza spiegare come. Al Sisi ha annunciato che l’Egitto ospiterà una conferenza sulla ricostruzione di Gaza, senza però fornire una data precisa.

Sharm el Sheikh, Egitto, 13 ottobre

Khaled Desouki, Afp

“Insieme in pace”, c’è scritto su un cartellone lungo una strada della località turistica egiziana dove si è svolto il più importante incontro di leader mondiali in Medio Oriente degli ultimi anni. I volti ritratti sono quelli di Donald Trump e di Abdel Fattah al Sisi, dittatore egiziano che tiene rinchiusi nelle carceri del paese migliaia di prigionieri politici, tra cui molti attivisti per i diritti umani. Non il migliore auspicio per una pace che, come scrive l’editorialista del Guardian Nesrine Malik in uno degli articoli pubblicati in copertina nel prossimo numero, sembra rappresentare soprattutto un’opportunità per cancellare due anni di massacri, consentendo a Israele di mantenere la sua impunità e il suo dominio sulla Palestina e ai governi che l’hanno sostenuto di ripulirsi la coscienza.

Questo testo è tratto dalla newsletter Mediorientale.

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