Stanno tornando i supercompensi per gli amministratori delegati, che dopo la crisi del 2007-2008 erano diventati fonte di qualche imbarazzo, per chi li pagava e per chi li incassava. Elon Musk è ancora impegnato nella battaglia legale per ottenere i 56 miliardi di compenso in azioni Tesla che un consiglio d’amministrazione in gran parte scelto da lui gli aveva assegnato nel 2018 (e un tribunale ha bloccato). L’amministratore delegato dell’app di pagamenti Revolut vuole superarlo: Nik Storonsky ha già il 25 per cento delle azioni, ora potrà riceverne un altro 10 per cento se il valore dell’azienda salirà da 45 a 150 miliardi di dollari, che non è impossibile. È un incentivo che vale quindici miliardi, da sommare ai 37,5 miliardi di valore che avranno le sue azioni. La Meta di Mark Zuckerberg compra la ScaleAi per 14 miliardi di dollari, di fatto solo per assumere il suo fondatore, Alexander Wang, e recuperare terreno nella corsa all’intelligenza artificiale (ia). Ci sono due spiegazioni per la tendenza: nell’era dell’ia quasi tutto il lavoro è diventato sostituibile da algoritmi, tranne quello di pochi talenti, per i quali si scatenano le aste. O, più semplicemente, è passato abbastanza tempo dall’ultima crisi che la rabbia popolare per le ingiustizie si è placata e chi può ne approfitta per arricchirsi, prima che sia troppo tardi.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati