Maggie Nelson
Pathemata. O, la storia della mia bocca
Nottetempo, 96 pagine, 14 euro

Torna in libreria Maggie Nelson con Pathemata. O, la storia della mia bocca. Il sottotitolo mi ricorda il libro di Claudia Apablaza, Storia della mia lingua, che proprio come quello di Nelson racconta altro a partire dai denti, dalla mascella, da ciò che succede in bocca. Quando mi capitò di intervistare Apablaza, le dissi che soffrivo di una forma molto forte di bruxismo, e che di notte era come se mangiassi i miei denti: il corpo esprime la sofferenza in maniera scomposta, con gesti convulsi. La parola tradisce il dolore ed è incapace di raccontarlo, ma è la lingua che Nelson cerca in queste pagine, una lingua capace, fedele a ciò che prova. Nell’incipit si legge: “Al mattino è come se la mia bocca fosse sopravvissuta a una guerra. Ha protestato, si è nascosta, ha sofferto”. Nel libro, che segue la struttura frammentata del precedente Bluets, l’autrice ripercorre la memoria della sua bocca per costruire una sintomatologia. Soprattutto, la scrittura procede di pari passo con la ricerca di una cura, un modo per alleviare la sofferenza, e continua con l’espansione del dubbio che forse né l’una né l’altra potranno essere trovate. La scrittura di Nelson si muove come un’onda, tra passato e presente, tra realtà e momenti onirici. Pathemata non mi ha incantato come Bluets, ma l’accumulo delle istantanee raccolte, compone un mosaico vulnerabile, intimo e feroce. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati