Uomo di potere, autoritario e austero, Jorge Mario Bergoglio nei dodici anni del suo pontificato voleva riportare la chiesa cattolica a quella che lui considerava l’essenza del messaggio evangelico: niente lusso, niente sfarzi , niente berline nere. Era visceralmente un papa del sud, dei poveri e delle periferie. Un pontefice di sinistra dopo due papi conservatori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI?
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Così sembrava all’inizio. L’impegno per la causa dei migranti – il primo viaggio fuori Roma, l’8 luglio 2013, fu sull’isola di Lampedusa – e la costante critica alle devastazioni del capitalismo e del consumismo – la cultura dello “scarto”, la chiamava – hanno suscitato il rancore della destra religiosa statunitense ed europea. C’è chi è arrivato a dire che il gesuita argentino era un eretico.
Questo papa ha indubbiamente mancato l’incontro con i paesi occidentali. “Sotto l’influenza della sua cultura argentina, Francesco non ha capito veramente l’Europa”, osserva il gesuita Pierre de Charentenay. È uno dei punti ciechi di questo pontificato. Secondo Francesco i popoli europei erano individualisti, ricchi, secolarizzati e ormai incapaci di formare una comunità. Aveva anche una certa diffidenza nei confronti della democrazia liberale. L’approccio geopolitico del Francesco “latinoamericano” è stato infatti fortemente venato di antiatlantismo. Una posizione che ha causato incomprensioni allo scoppio della guerra in Ucraina, quando sembrava mettere sullo stesso piano i due paesi in guerra. Il conflitto ucraino, in cui ha cercato di intervenire, ha messo in luce la debolezza della diplomazia vaticana sotto Francesco, poco propenso ad ascoltare le opinioni degli esperti.
Dal punto di vista della chiesa cattolica, quello di Francesco è stato un pontificato di fratture. Ma sono state poche le riforme strutturali mirate a consolidare le novità. Il primo papa latinoamericano della storia lascia un’eredità mista. Il suo predecessore, Benedetto XVI, aveva teorizzato i “princìpi non negoziabili” della morale cattolica. Francesco ha invertito le priorità, sostituendo l’imperativo di difendere la morale cattolica con l’imperativo della giustizia sociale. La sua concezione della chiesa era quella di un “ospedale da campo” aperto, non di un’identità cattolica chiusa.
Donne e potere
Per quanto riguarda la questione dell’omosessualità, che è molto divisiva all’interno delle chiese, Francesco ha accolto le coppie omosessuali in Vaticano. Come aveva già fatto quando era arcivescovo di Buenos Aires ha ribadito il suo sostegno alle leggi che tutelano i diritti delle coppie gay, come le unioni civili, ma a condizione che questi accordi non siano equiparati al matrimonio. All’inizio del 2023, poche settimane prima di un viaggio in Africa, si è espresso contro la criminalizzazione dell’omosessualità. Nel dicembre dello stesso anno ha fatto un ulteriore passo avanti autorizzando la benedizione delle coppie gay, scatenando intense polemiche all’interno del cattolicesimo e una ribellione tra i vescovi africani.
Resta il fatto che in questa materia, come in altre, non ha rivoluzionato la dottrina. Non ha abolito l’articolo del catechismo che condanna espressamente la pratica dell’omosessualità. Tuttavia ha eliminato dal testo la legittimità, in determinate circostanze, della pena di morte. “Il papa spesso si fermava a metà strada”, afferma il teologo Laurent Lemoine.
La questione del posto delle donne nella chiesa è un altro esempio. Anche in questo caso il gesuita ha compiuto passi significativi. Una suora francese, Nathalie Becquart, è stata nominata nel maggio 2019 a ricoprire un incarico strategico in Vaticano: sottosegretaria generale del sinodo dei vescovi, equivalente al rango di vescovo (ma senza il titolo, ovviamente). Con la riforma della curia romana, Francesco ha affidato ad altre due donne posizioni chiave: una suora, Simona Brambilla, è stata nominata a capo del dicastero (l’equivalente di un ministero) che si occupa degli ordini religiosi; e un’altra suora, Raffaella Petrini, a dirigere il governatorato dello stato vaticano (finanze, servizi generali, amministrazione delle ville papali). Due posizioni finora riservate a uomini che generalmente diventavano cardinali.
Eppure il papa non ha cambiato la dottrina, causando una certa delusione negli ambienti femministi cattolici. Dare alle donne la possibilità di diventare diacone, lo stadio precedente al sacerdozio, sarebbe stato molto forte dal punto di vista simbolico. “Il papa ha scelto di istituire una commissione dopo l’altra. Ma senza decidere”, spiega la storica italiana Lucetta Scaraffia. “È stata un’operazione di facciata”.
Il pontificato di Francesco lascia l’impressione di una questione incompiuta. Certamente ha portato una nuova cultura, ma non è stato il grande riformatore annunciato all’inizio del pontificato. Tra le riforme fallite c’era anche quella dell’ordinazione sacerdotale di uomini sposati. Nell’autunno del 2019, poco prima della pandemia di covid-19, il sinodo dei vescovi per l’Amazzonia aveva votato a favore di una sperimentazione in questa regione del mondo, dove mancano preti e la concorrenza degli evangelici è molto dura. Il papa alla fine ha respinto la proposta. Per conservatorismo? Per mancanza di audacia? Difficile dirlo. In ogni caso, la domanda si ripresenterà presto.
Il papa argentino lascia un’eredità contraddittoria. Ma soprattutto fragile. Niente, allo stato attuale, impedirebbe al suo successore di tornare indietro. Soprattutto perché l’esito del prossimo conclave è molto incerto. ◆ sm
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Questo articolo è uscito sul numero 1611 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati