Il 27 novembre Donald Trump ha pubblicato una violenta requisitoria contro il Sudafrica, comunicando che il paese non sarà invitato al prossimo vertice del G20 previsto nel 2026 sotto la presidenza statunitense. Trump ha aggiunto che gli Stati Uniti interromperanno tutti i pagamenti e le sovvenzioni a Pretoria.

La rappresaglia del presidente statunitense rivela quale sia la sua visione del mondo, deformata da fonti di informazioni schierate, ossessionata dal destino dei bianchi che si ritrovano in minoranza e incapace di rimettersi in discussione davanti ai fatti che smentiscono i suoi pregiudizi.

È precisamente quello che sta succedendo con il Sudafrica. A maggio di quest’anno Trump aveva ricevuto alla Casa Bianca il presidente sudafricano democraticamente eletto Cyril Ramaphosa, a cui aveva riservato un trattamento umiliante simile a quello toccato a Volodymyr Zelenskyj. Con sua grande sorpresa, il presidente sudafricano si era visto presentare una serie immagini che avrebbero provato un presunto genocidio degli afrikaner, i discendenti dei primi coloni olandesi. Ramaphosa aveva naturalmente smentito, ma senza successo. Sei mesi dopo, la tensione è ancora alta.

Il Sudafrica post-apartheid vive un’ondata di criminalità da record che colpisce anche agricoltori afrikaner uccisi nelle loro terre. Ma questi sono solo una parte delle vittime: gli omicidi colpiscono tutta la popolazione, a cominciare dalla maggioranza nera.

Concentrandosi sugli agricoltori afrikaner, Trump trasforma il problema in un genocidio. È lo stesso meccanismo applicato ai cristiani uccisi o rapiti in Nigeria, che anche in quel caso non sono gli unici a subire le conseguenze del banditismo e del terrorismo.

Nel caso del Sudafrica, Trump ha perfino accolto negli Stati Uniti dei “rifugiati” afrikaner, poche decine in totale. E questo è il colmo, se si pensa che nel frattempo perseguita gli immigrati dalla pelle scura sul territorio statunitense. Il criterio del colore della pelle ha una risonanza particolare in Sudafrica, che non ha certo dimenticato gli orrori dell’apartheid.

Passaggio irrituale

La vicenda degli afrikaner non è l’unico motivo della rappresaglia. Il Sudafrica, infatti, porta avanti una diplomazia troppo indipendente per i gusti dell’amministrazione Trump: è stato il governo sudafricano ad avviare i processi per “genocidio” contro Israele davanti alla Corte di giustizia internazionale. Inoltre il Sudafrica fa parte dei Brics, il gruppo di paesi del cosiddetto “sud globale” che comprende anche la Cina e il Brasile, e irrita profondamente Trump.

Lo scorso fine settimana gli Stati Uniti hanno boicottato il vertice del G20 organizzato a Johannesburg, spingendo Ramaphosa a rifiutarsi di incontrare il funzionario statunitense di basso livello arrivato alla fine della riunione per il rituale passaggio del testimone da una presidenza all’altra. Un altro elemento che ha alimentato la collera di Trump.

L’atteggiamento statunitense è sorprendente, considerando che il Sudafrica è una delle principali voci dell’Africa. Con questo comportamento, Trump rischia di rafforzare l’influenza della Cina, già molto presente sia in Sudafrica sia nel resto continente. Non solo. La Francia ha ampliato i suoi rapporti bilaterali con il Sudafrica a margine del G20, a cui ha partecipato personalmente il presidente francese Emmanuel Macron. Trump, insomma, si dà la zappa sui piedi attaccando con un falso pretesto un paese che ha problemi innegabili ma non merita di essere ostracizzato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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