Nel corso delle ultime 36 ore abbiamo assistito a una serie di rilanci sulla pace sull’Ucraina: un’offerta di cessate il fuoco di trenta giorni a partire dal 12 maggio; un invito rivolto a Mosca per un dialogo diretto tra delegazioni, che dovrebbe tenersi il 15 maggio a Istanbul; e infine la “sfida” lanciata la sera dell’11 maggio da Volodymyr Zelenskyj a Vladimir Putin di incontrarsi faccia a faccia.
E se fosse soltanto un bluff? E se nessuna di queste proposte fosse davvero seria? Al momento si tratta dell’ipotesi più verosimile. In tutta questa faccenda, infatti, l’obiettivo primario dei due paesi è evidente: convincere il presidente statunitense Donald Trump, l’uomo che alla fine dovrà stabilire chi è il vero ostacolo alla pace.
Questo ricerca ostentata della pace arriva dopo due immagini poco concilianti: la prima è arrivata da Mosca, dove Putin ha riunito i suoi alleati per la sfilata dell’anniversario della vittoria contro il nazismo e per smentire chi lo descriveva isolato e indebolito dalle sanzioni. La seconda viene invece da Kiev, dove il 10 maggio i leader di quattro paesi europei – Germania, Francia, Polonia e Regno Unito – hanno manifestato il loro sostegno senza condizioni a Zelenskyj.
Sono passati quasi quattro mesi da quando Trump si è insediato alla Casa Bianca dopo aver promesso che avrebbe risolto il conflitto ucraino “nel giro di 24 ore”. La realtà si è rivelata un po’ più complessa. Cerchiamo di capire perché.
In un primo momento il presidente statunitense ha offerto tutte le concessioni possibili al Cremlino, esercitando una forte pressione sull’Ucraina. Ricordiamo bene la scena penosa del presidente ucraino umiliato nello studio ovale. Ma non è bastato. Putin ha tenuto alta l’asticella delle pretese per mettere fine alla sua offensiva, in un momento in cui ritiene di avere un vantaggio sul piano militare.
Secondo alcune indiscrezioni raccolte dalla stampa statunitense, la settimana scorsa Trump ha manifestato la propria frustrazione, ammettendo che il rompicapo ucraino gli impediva di prendere sonno.
In occasione di una cena in compagnia dei suoi finanziatori, organizzata nella sua residenza di Mar-a-Lago in Florida, Trump ha confessato che Putin “vuole tutto”. Questa è la realtà che si nasconde dietro il tentativo del presidente russo di mostrarsi aperto al negoziato per la pace.
La palla, a questo punto, è in mano a Trump, che in un post sui social network ha invitato caldamente i due contendenti a incontrarsi quanto prima. Mosca, però, rifiuta il cessate il fuoco preliminare chiesto da Kiev e dagli europei, mentre resta da capire se Putin raccoglierà la sfida di Zelenskyj e accetterà un incontro di persona. È possibile che Trump riesca a rimuovere questi ostacoli?
Se invece si arriverà al fallimento del negoziato, quali conclusioni ne trarrà il presidente statunitense? Durante la campagna elettorale Trump aveva dichiarato che se la Russia si fosse mostrata intransigente, Washington avrebbe sostenuto l’Ucraina come mai prima d’ora. È con questo impegno in mente che Kiev moltiplica le manifestazioni di buona volontà, spinta dagli europei tornati attivi in campo diplomatico.
Ma la questione fondamentale resta la stessa: esistono le condizioni per la fine della guerra se i due avversari pensano di poter avanzare militarmente?
Mosca vuole sfruttare il suo vantaggio sul campo, mentre l’Ucraina intende ritrovare un rapporto di forze più favorevole. Oggi si parla di pace, ma intanto la guerra continua.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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