Se la foto che ritrae Donald Trump e Volodymyr Zelenskyj seduti uno davanti all’altro su due sedie di velluto nella basilica di San Pietro a Roma farà la storia, come profetizzato nei giorni scorsi dai mezzi d’informazione di mezzo mondo, è ancora tutto da vedere. Certo è che i quindici minuti di _tête-à-tête _tra il presidente statunitense e il collega ucraino, poco prima dei funerali di papa Francesco, sembrano aver segnato un cambiamento nel clima politico. Sarà la classica instabilità metereologica di aprile? Oppure il vento è cambiato davvero? Per il momento non è dato saperlo.

In ogni caso, fino al giorno prima la linea di Trump sembrava in tutto e per tutto filorussa: il presidente aveva perfino definito “russa” la penisola di Crimea, che in violazione di tutti gli accordi internazionali Mosca ha occupato e annesso nel 2014. Tuttavia, dopo l’incontro con Zelenskyj, Trump ha aggiornato il suo account sul social Truth, scrivendo che i recenti attacchi missilistici russi su Kiev lo inducono a dubitare della reale volontà di pace del leader del Cremlino. “Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro. Forse dev’essere trattato in modo diverso, magari merita sanzioni bancarie o secondarie”.

Secondo gli esperti, le sanzioni secondarie (cioè le misure contro paesi come Turchia, Cina o India, aziende e individui che continuano a fare affari con la Russia) potrebbero aumentare significativamente la pressione su Putin. “È già morta troppa gente”, ha postato Trump mentre era in volo sull’Air force one.

Va anche sottolineato che all’incontro diplomatico a margine dell’ultimo saluto al pontefice – ribattezzato sarcasticamente da qualcuno un “funerale di lavoro” – Zelenskyj è arrivato preparato. Il colloquio bilaterale in Vaticano è stato il primo incontro con Trump dopo il memorabile scontro andato in scena nello studio ovale della Casa Bianca il 28 febbraio, quando la stampa trumpista aveva preso in giro il presidente ucraino per la sua uniforme militare, mentre il vicepresidente JD Vance lo aveva definito un ingrato. Stavolta Zelenskyj era vestito di nero, e a suscitare un certo scalpore è stato Trump, che si è presentato al funerale in completo blu.

Che le minacce pronunciate da Trump abbiano subito cominciato a fare effetto? Lo stesso giorno del funerale, il 26 aprile, il presidente russo Vladimir Putin ha fatto quello che continua a fare da quando, due mesi fa, sono cominciati i negoziati: prima un microscopico passo verso Trump e poi un’azione militare che va nella direzione diametralmente opposta.

Proposte di pace

◆ Attualmente ci sono diversi piani di pace per l’Ucraina. Per mettere fine alla guerra Mosca chiede, tra le altre cose, il riconoscimento internazionale dell’annessione della Crimea e delle regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporižžja **e **Cherson, nessuna adesione alla Nato e smilitarizzazione dell’Ucraina. La proposta statunitense è simile a quella russa: riconosce l’annessione della Crimea e accetta il controllo russo di fatto sui territori occupati; esclude l’adesione di Kiev alla Nato, e prevede garanzie di sicurezza molto vaghe. Il piano europeo e ucraino propone invece di affrontare le questioni territoriali solo dopo un cessate il fuoco totale, non prevede il riconoscimento delle annessioni russe e respinge le limitazioni alla difesa ucraina.

◆ Il 28 aprile 2025 il presidente russo Vladimir Putin ha proclamato un cessate il fuoco di tre giorni dall’8 al 10 maggio in occasione degli ottant’anni della vittoria nella seconda guerra mondiale. L’ultimo cessate il fuoco unilaterale, proclamato a Pasqua, non era stato rispettato. Le Monde


Dopo il colloquio a Mosca con l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha annunciato la disponibilità russa a colloqui “senza precondizioni” con Kiev. Fino a quel momento Mosca aveva sempre sostenuto, mentendo, che era Zelenskyj a non volersi sedere al tavolo dei negoziati.

Sempre il 26 aprile il capo di stato maggiore Valerij Gerasimov ha comunicato a Putin che le forze armate ucraine erano state definitivamente espulse dalla regione di Kursk, dove dall’agosto 2024 controllavano alcune centinaia di chilometri quadrati di territorio russo.

Già poche ore dopo, però, lo stato maggiore ucraino ha smentito la notizia e il 27 aprile anche l’agenzia stampa russa Ria Novosti ha ammesso che gli scontri nel Kursk erano ancora in corso a causa della presenza di “resti sparsi” dell’esercito ucraino che sarebbero stati “presto annientati”. Tra l’altro la dichiarazione di Gerasimov conteneva anche la prima conferma ufficiale della presenza di soldati nordcoreani impegnati a fianco dell’esercito russo. ◆ sk

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Questo articolo è uscito sul numero 1612 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati