Due giorni nella vita di due persone innamorate. Il primo, quando tutto comincia, e l’ultimo, quando ci si lascia. A chi legge, la possibilità di immaginare cosa è successo in mezzo. In questa puntata: Laure, 38 anni.

Il primo giorno

“Qual è il primo giorno di una storia d’amore? L’incontro? La dichiarazione? Se è il primo contatto visivo, allora ho 14 anni e frequento una scuola media di Tourcoing, nel nord della Francia. La mia faccia è coperta di brufoli, faccio un trattamento abbastanza pesante che mi secca la pelle e i miei compagni di classe mi prendono in giro. Sono timida, complessata, insicura, insomma l’adolescenza in tutta la sua crudeltà. Nella nostra scuola c’è gente molto ricca, ma noi non lo siamo. Sono una studente nella media, vorrei essere invisibile. Un giorno, durante una lezione, un compagno disegna un cappio intorno al collo con il mio nome scritto in grande su un foglio bianco. All’epoca non sapevo ancora cosa significava la parola ‘bullismo’.

Così, per sfuggire alla scuola e ai soffocanti muri di mattoni di casa mia, mi iscrivo al coro della parrocchia. Ricordo la prima volta che sono entrata nella grande sala, e lui, Jean-Baptiste, già seduto dietro al pianoforte. È molto alto, un po’ sovrappeso e goffo, ma a me piacciono gli uomini alti, mi fanno sentire protetta. E poi suona bene, la cosa mi colpisce. Ci scambiamo qualche sorriso, man mano che le prove procedono mi accorgo che lui si mette sempre dove posso vederlo. Mi piace moltissimo, penso solo a lui, ma non riesco a sostenere il suo sguardo, abbasso gli occhi, mi vergogno di quello che sono.

Non ne parlo con nessuno, è il mio segreto, il mio tesoro, ho paura che gli altri se ne accorgano, Jean-Baptiste è il figlio di conoscenti dei miei genitori. Un giorno mia madre lo vede e dice: ‘Ah, come mi piacerebbe che fosse mio genero’. Gli anni passano, ci si vede, ci si parla, siamo amici ma non succede nulla. Lo invito alla festa dei miei 18 anni, lui ha sempre qualche chilo di troppo, mi dico che mi piace, ma che se riuscissi a trovare qualcuno un po’ più magro sarebbe meglio.

L’estate successiva siamo entrambi invitati a un matrimonio. Lui ha una giacca rossa e una camicia a fiori. Mia madre mi si avvicina: ‘Laure, figlia mia, ma sei cieca, non vedi come ti guarda’. Il mio cuore comincia a battere forte, forse è la volta buona, dopo tutti questi anni, tutti questi momenti mancati. Jean-Baptiste si avvicina al buffet, alza il bicchiere per un brindisi e prende la parola: ‘Ho qualcosa da annunciarvi, mi trasferisco negli Stati Uniti con la mia ragazza’. Io sono annientata dalla delusione, se almeno lo avessi saputo.

Se invece il primo giorno è quando si dichiara il proprio amore o quanto meno si cerca di farlo, allora ho 23 anni. Penso spesso a lui. Sono cresciuta con Jean-Baptiste in un angolo della mia mente. Un giorno mia madre mi dice che è tornato dagli Stati Uniti. Devo buttarmi, è finalmente arrivato il momento, dopo tutto questo tempo. Prendo una matita, una cartolina con un grande quadrifoglio, mi porterà fortuna. ‘Ciao, ho finalmente il coraggio di esprimere in miei sentimenti per te. Sono riservata, timida, ma devo dirtelo. Ti lascio il mio telefono ma non ti sentire obbligato, sentiti libero di fare come vuoi, Laure’.

La lettera rimane sulla mia scrivania, ci metto del tempo a comprare un francobollo. Un venerdì sera mi viene l’influenza, vado dal medico e poi in farmacia. Davanti al negozio vedo Jean-Baptiste che aspetta nel parcheggio. Ha l’aria triste, ha cinquanta chili di meno. Mi precipito verso di lui ma in quel momento la sua ragazza esce dalla farmacia e lo bacia.

Mi crolla il mondo addosso, ma al tempo stesso è una liberazione. Vado dai miei genitori: ‘Indovinate chi ho visto? Jean-Baptiste con la sua ragazza! E io che avevo sulla mia scrivania una cartolina in cui gli dichiaravo i miei sentimenti. La vita mi ha mandato segnale’. Mia madre mi rimprovera, mi dice di vivere la mia vita. Devo strappare la cartolina, buttarla nella spazzatura. ‘Ma no, bruciala!’, mi suggerisce. I miei dieci anni d’amore per Jean-Baptiste finiscono consumati nel barbecue del giardino”.

L’ultimo giorno

“Sono al mercatino delle pulci, è la fiera del primo maggio, una scocciatura di famiglia. Mi sto annoiando davanti al nostro piccolo banchetto, quando vedo i genitori di Jean-Baptiste. Suo padre mi abbraccia, sua madre mi sorride. Un po’ imbarazzata chiedo: ‘E come sta Jean-Baptiste?’. ‘Talvolta non si capiscono le scelte dei figli’, mi risponde vagamente sua madre. L’unico modo per dire a Jean-Baptiste che provo qualcosa per lui è Facebook. Gli chiedo l’amicizia e lui la accetta, sul suo profilo ci sono delle foto di lui con l’uniforme da paramedico. Metto ‘mi piace’ ad alcuni post, cerco piano piano un contatto.

Una mattina un vicino mi ammacca il paraurti parcheggiando. Devo portare la macchina dal carrozziere. E nel parcheggio dell’officina lo vedo, alto, sulla sua moto, mentre sta per andare via. Parliamo per 45 minuti. È dimagrito, trascurato, ha i capelli e i denti sporchi. Mi racconta che si è licenziato dal lavoro di paramedico, era stanco di fare lo schiavo, che divide un appartamento con suo fratello e un amico. Non ha nessuno nella sua vita e non vuole figli prima dei quarant’anni, gli basta la sua moto, e per il resto si ‘arrangia’.

Mi sembra uno sfigato, ma ho comunque voglia di rivederlo. Scopro che il suo coinquilino scrive storie d’amore. E su Facebook vedo che parteciperà a una serata a Lille insieme ad altri aspiranti scrittori come lui. Ci vado, sempre con l’intenzione di avvicinarmi a Jean-Baptiste, di avere delle informazioni, di riuscire a dirgli quello che provo.

Il giorno dopo, nella chat di Facebook, appare una notifica. È Jean-Baptiste che mi scrive: ‘Laure, mi dà fastidio che tu vada a un incontro solo per vedere il mio coinquilino e avere mie notizie. Il sorriso con cui mi guardi nasconde una grande angoscia. Mi sembra che il nostro rapporto non sia sano, che non sia solo amicizia. Se ricordo bene non è una cosa recente. Adesso hai tutte le carte in mano per liberarti, ti auguro un futuro meraviglioso’.

Leggo e rileggo il messaggio, ma non lo capisco. Che cosa mi vuole dire? Continua per la tua strada senza di me, oppure curati e dopo potremo stare insieme? Rispondo due, tre giorni dopo: ‘Grazie per la tua franchezza, sto attraversando un momento difficile, cercherò di diventare una bella farfalla’. E lo cancello dai miei amici su Facebook. Faccio fatica a dirmi che è finita. Le persone che mi vedono forse pensano: ‘La vita di Laure è terribilmente monotona, a livello sentimentale non sembra provare nulla’, ma io so che ho amato senza chiedere nulla in cambio. Mia madre mi ha sempre detto che ero una persona molto fedele”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Amore che vieni, amore che vai è una serie del quotidiano francese Le Monde che racconta il primo e l’ultimo giorno di una storia d’amore. Qui ci sono tutte le puntate.

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