Steve, di Tim Mielants, si apre con un uomo ripreso in primo piano, a cui una voce fuori campo chiede se può cominciare con le domande. Intuiamo che la stanza in cui si trova è un’aula dalla lavagna scarabocchiata sullo sfondo, ma non sappiamo se stiamo assistendo a un interrogatorio, a un documentario, a un colloquio di lavoro o una seduta terapeutica. In ogni caso, l’intervista parte male perché l’uomo, Steve (interpretato da Cillian Murphy), è molto turbato e crolla, costringendo a interrompere la sessione.

La scena successiva si sposta in aperta campagna: Steve guida, sta appuntando a voce delle cose su un piccolo registratore, poi si ferma quando vede un ragazzo, Shy, ballare immerso nella musica che ascolta in cuffia. Scopriamo presto che Steve è un preside, e Shy uno dei suoi studenti. Quando arrivano a scuola, la Stanton Wood, trovano ad aspettarli una troupe televisiva venuta per girare un servizio.

Conosciamo meglio la Stanton Wood attraverso le parole della giornalista: “Alcuni la definiscono ‘l’ultima chance’, alcuni ‘una costosissima discarica per gli scarti della società’. Un intervento educativo radicale e progressivo, o una sala d’attesa per il riformatorio. Probabilmente, è un un insieme di tutto questo”.

La Stanton Wood è una vecchia villa riconvertita in centro per ragazzi problematici o con piccoli precedenti penali, che vivono lì alternando lezioni, attività, regole e sostegno psicologico. Come altre strutture simili, la proprietà è privata ma la gestione è affidata agli enti locali, che si occupano del personale e dei programmi. A metà degli anni novanta, il periodo in cui è ambientato il film, nel Regno Unito il dibattito su questi istituti era piuttosto acceso, mentre il governo li reindirizzava verso un modello meno educativo e più orientato alla sicurezza, tagliando le risorse.

Spiega ancora la giornalista: “I detrattori di scuole simili sottolineano spesso i costi: dopotutto, trentamila sterline all’anno per ciascun ragazzo vengono prelevati dalle tasche dei contribuenti. Stiamo pagando perché giovani che si sono comportati male frequentino una lussuosa scuola privata, o stiamo investendo in una chirurgia sociale radicale che trasformi mele marce in frutta pregiata? Chi critica posti come questo dirà che sono troppo costosi, che manca personale, che sono pericolosi – la polizia viene qui così spesso che c’è un agente dedicato”.

Definirsi in tre parole

Ma chi sono questi ragazzi? Li vediamo sgomitare per farsi inquadrare dalla telecamera, o pronti alla rissa. Li conosciamo meglio attraverso le interviste fatte dalla troupe. Quando gli chiedono di descriversi in tre parole, Shy sceglie “depresso, annoiato e arrabbiato”. Un altro, Jamie, risponde alla domanda “cosa diresti al bambino che eri sei anni fa?” con un secco: “Portati un coltello”. Sono un po’ come ci s’immagina: complicati, arrabbiati, irriverenti, esperti di stupefacenti, soli.

La scelta interessante del film, però, è raccontare tutto questo dalla prospettiva del preside. Steve non è il classico dirigente scolastico – organizzato, equilibrato, autorevole. È un buono, è appassionato, ma decisamente incasinato: i problemi si accumulano “in cima alla lista”; è stressato, tormentato, beve e dipende dai farmaci. Insomma, non è tanto diverso dai suoi studenti. E appena scopre che il fondo proprietario della villa l’ha venduta e che la scuola dovrà chiudere a breve, non contiene la rabbia e minaccia di strangolare l’amministratore delegato, il genere di reazione che lui e la sua squadra cercano in tutti i modi di scoraggiare.

Quando tocca a lui essere intervistato (qui la trama si ricollega alla scena iniziale) quello scontro è appena avvenuto. E alla richiesta di definirsi in tre parole, riesce solo a dire: “Molto, molto stanco”.

I “cattivi” in Steve sono sicuramente i giornalisti, che non hanno nessuno scrupolo etico, e la politica, rappresentata da un parlamentare in visita alla scuola e del tutto fuori posto. Ma il film non è disfattista, lascia aperto qualche spiraglio. Ci sono le persone che hanno scelto di stare nella scuola: la giovane insegnante motivata (interpretata da Little Simz), la vicepreside (Tracey Ullman), la psicologa (Emily Watson). E ci sono i ragazzi, a cui Steve riserva parole molto belle.

Per approfondire
  • Il film di Mielants (regista belga che ha diretto Murphy anche nella serie Peaky Blinders e nel film Piccole cose come queste) è disponibile su Netflix. S’ispira al romanzo breve Shy di Max Porter (pubblicato in Italia da Sellerio, traduzione di Federica Aceto), dove però il protagonista è lo studente che Steve incontra all’inizio andando a scuola.
  • La musica è un elemento importante del film. Oltre ai brani originali, ci sono i pezzi drum’n’bass e death metal che ascoltano i ragazzi e inseguono il preside ovunque. Questi generi rendono bene la frenesia e la fatica che deve affrontare chi dirige una scuola. Trovate la colonna sonora su Apple Music, Youtube e Spotify.

Questo testo è tratto dalla newsletter Doposcuola.

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