Il 7 settembre da Catania partirà ufficialmente la Global sumud flotilla, un’operazione non governativa che ha come obiettivo manifestare solidarietà alla popolazione palestinese della Striscia di Gaza. Inizialmente sarebbe dovuta partire il 4 settembre, ma a causa del maltempo la partenza è stata rimandata.
Ventitré imbarcazioni con a bordo attivisti e politici come Greta Thunberg e l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau sono già salpate il 31 agosto da Barcellona e altre cinque da Genova, altre ancora partiranno nei prossimi giorni da Tunisi e da diversi porti greci. Trasportano anche degli aiuti umanitari. Le barche che sono partite da Barcellona sono dovute tornare indietro a causa del maltempo e al momento sono alle Baleari per ritrovarsi con le altre. Alla flotta si è unita anche la nave umanitaria Life support dell’ong Emergency, che invece partirà da Catania, dove le barche si riuniranno prima di dirigersi insieme verso Gaza.
In totale la flotta dovrebbe essere composta da trentasette imbarcazioni, per lo più piccole e a vela, ma il numero complessivo non è stato reso noto dagli organizzatori. Soprattutto se il meteo non è favorevole, non è detto che tutte le barche partite riescano a raggiungere la destinazione.
Alla missione partecipano attivisti e delegazioni di politici da quarantaquattro paesi. Ci sono anche dei parlamentari italiani: Benedetta Scuderi di Alleanza verdi e sinistra (Avs), Annalisa Corrado e Arturo Scotto del Partito democratico (Pd) e Marco Croatti del Movimento 5 stelle (M5s). Dalla partenza a Catania ci dovrebbero volere una decina di giorni per arrivare a destinazione davanti alla Striscia di Gaza.
Le autorità israeliane hanno già dichiarato che tratteranno gli attivisti come “terroristi”. Le imbarcazioni partite dalla Spagna hanno avvistato dei droni che le hanno sorvolate il 2 settembre, invece in Sicilia sono stati avvistati tre aerei militari israeliani nella base militare di Sigonella.
“Mai nella mia vita mi sarei immaginata di avere questo sostegno dalla politica. Non ci aspettavamo questa solidarietà”, ha dichiarato Maria Elena Delia, portavoce italiana della flotilla, in una conferenza stampa il 3 settembre a Roma, organizzata dal Movimento 5 stelle a palazzo Madama, sede del senato.
“Basta aprire i nostri telefoni per sapere cosa succede a Gaza e in Cisgiordania. L’obiettivo della flotilla è non dimenticare Gaza. Anche il nostro governo è ancora in tempo a dire qualcosa”, ha detto Delia, che ha confermato di non avere avuto nessun contatto con il governo italiano né con il ministro degli esteri Antonio Tajani.
“Sarà il mare a decidere sia la partenza effettiva sia l’arrivo della flotilla”, ha continuato la portavoce.
“Ci aspettiamo i droni, ci aspettiamo il blocco, ci aspettiamo di essere ‘rapiti’ in acque internazionali dalle autorità israeliane. Vorrei davvero essere tranquilla sapendo che il governo italiano sia dalla nostra parte, ci aspettiamo di essere tutelati e protetti dal nostro governo, perché se dovesse succedere quello che ci aspettiamo, il reato lo faranno le autorità israeliane”, ha concluso Delia.
Alcuni giuristi intanto denunciano le violazioni del diritto internazionale del mare che Israele commetterebbe, se fermasse le barche della flotilla in acque internazionali come ha già fatto in passato. Sulla base della convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare (non ratificata da Israele) e del diritto internazionale, in alto mare vige il principio della libertà di navigazione, quindi Israele non potrebbe intervenire su una nave straniera e non potrebbe neanche impedirne la navigazione.
Intanto nelle stesse ore della conferenza stampa le barche partite da Barcellona eran ferme all’altezza di Maiorca, a causa del maltempo. “C’è stata una falsa partenza. È stata una grande emozione, perché tantissime persone sono venute a salutare le imbarcazioni, ma poi il maltempo ci ha costretto a tornare indietro il primo giorno”, ha confermato Lorenzo D’Agostino, giornalista freelance a bordo di una delle barche partita dalla Spagna.
“È stata fatta una selezione delle persone da far salire a bordo sulla base dell’esperienza per sostenere questo tipo di missione. La cosa più importante a cui ci hanno addestrato è la nonviolenza, siamo pacifici, portiamo persone e aiuti”, continua il giornalista, che racconta di aver seguito un paio di giorni di training insieme agli attivisti, prima di imbarcarsi.
La flotta è composta da barche a vela tra gli undici e i diciotto metri; su ogni barca ci sono dalle sei alle dieci persone, nelle più grandi si arriva a trenta. Tra le barche partite da Barcellona ce n’è solo una a motore. Ognuna porta degli aiuti umanitari. “Uno dei bagni della barca su cui sono è stato riempito con degli aiuti”, conclude D’Agostino.
Il 3 settembre intanto a Catania 15mila persone hanno sfilato per le vie della città in sostegno della flotilla, insieme ai componenti degli equipaggi già arrivati da altre città italiane ed europee. “Volevamo dare il benvenuto e soffiare sulle vele della flotilla, la mobilitazione di oggi vuole la smilitarizzazione del territorio, qui abbiamo Sigonella. Non vogliamo essere complici dei bombardamenti su Gaza”, spiega Valeria del gruppo Catanesi solidali con il popolo palestinese, mentre procede il corteo.
“Abbiamo raccolto più beni di prima necessità di quelli che potranno partire”, continua l’attivista, confermando che l’imbarcazione ancorata ad Augusta è già stata caricata con chili di aiuti umanitari. “Tocca a noi protestare, perché loro, i palestinesi, sono nella più grande prigione a cielo aperto del mondo. Le persone non vogliono sentirsi impotenti, perché l’impotenza è un sentimento orribile”.
“La Spagna ha già dichiarato l’immunità diplomatica per l’equipaggio della flotilla, purtroppo non abbiamo speranza che il governo italiano faccia lo stesso. Toccherà a noi chiedere conto di quello che succederà a questi attivisti, abbiamo molto timore per loro”, conclude la militante catanese.
La storia della flotilla
Diverse imbarcazioni della Freedom flotilla coalition (Ffc) hanno provato a rompere il blocco navale di Gaza a partire dal 2008. Quell’anno due imbarcazioni del Free Gaza movement riuscirono a raggiungere Gaza.
Il movimento, fondato nel 2006 da alcuni attivisti durante la guerra tra Israele e Libano, ha provato a rompere il blocco israeliano mettendo in mare in tutto trentuno imbarcazioni tra il 2008 e il 2016. Solo cinque sono riuscite a raggiungere Gaza, a causa delle restrizioni di Israele.
Dal 2010, tutte le imbarcazioni della flotilla che hanno tentato di rompere il blocco navale israeliano sono state intercettate o attaccate da Israele in acque internazionali.
Nel 2010 l’esercito israeliano attaccò la Mavi Marmara in acque internazionali, uccidendo dieci attivisti e ferendone decine. La nave trasportava aiuti umanitari e aveva più di seicento persone a bordo.
La Mavi Marmara era di proprietà dell’ong turca Humanitarian relief foundation (Ihh). L’evento compromise le relazioni tra Israele e la Turchia e suscitò condanne internazionali per le violazioni del diritto internazionale.
Nel 2013, Israele si scusò per gli “errori operativi” commessi durante l’attacco. Un accordo di risarcimento è ancora in fase di negoziazione tra i due paesi. Soldati e funzionari israeliani, che presero parte all’attacco, sono stati processati in contumacia in Turchia per crimini di guerra.
La freedom flotilla II fu lanciata nel 2011, organizzata da una coalizione di attivisti internazionali e ong per rompere il blocco israeliano su Gaza e fornire aiuti umanitari. Coinvolgeva più di trecento partecipanti da tutto il mondo ed era pronta a salpare su dieci imbarcazioni.
Tuttavia l’intensa pressione diplomatica di Israele, unita a segnalazioni di sabotaggi di navi e restrizioni di paesi come la Grecia, impedì alla maggior parte delle imbarcazioni di partire.
Solo la Dignite-Al Karama riuscì ad arrivare a Gaza. La nave francese, con diciassette passeggeri, dichiarò di essere diretta a un porto egiziano al momento di lasciare le acque territoriali greche, ma gli attivisti in seguito annunciarono di voler raggiungere Gaza. I commando della marina israeliana intercettarono l’imbarcazione e la trainarono ad Ashdod, il più grande porto di Israele. Gli attivisti furono arrestati e in seguito espulsi.
Nel 2015 ci fu il terzo tentativo di rompere il blocco navale israeliano, con la freedom flotilla III. Organizzata dalla Ffc, la missione includeva diverse imbarcazioni, con la nave Marianne, battente bandiera svedese, a capo dell’operazione.
Il 29 giugno 2015, le forze navali israeliane intercettarono la Marianne a circa cento miglia nautiche dalla costa di Gaza, in acque internazionali. Un commando israeliano salì a bordo della nave e la dirottò verso Ashdod. Gli attivisti a bordo furono arrestati e successivamente espulsi, mentre alcune persone dell’equipaggio furono rilasciate dopo sei giorni.
La flottiglia Just future for Palestine, nota anche come Flottiglia per la libertà di Gaza del 2018, faceva parte di un’iniziativa continua della Ffc per contrastare il blocco navale israeliano. La campagna includeva due navi: Al Awda (il Ritorno) e Freedom, insieme a due yacht di supporto, Mairead e Falestine.
Il 29 luglio e il 3 agosto 2018 la Al Awda e la Freedom furono intercettate e sequestrate dalla marina israeliana in acque internazionali. Tutte le persone a bordo furono arrestate e alcune riferirono di essere state colpite con il taser, aggredite o picchiate dalle forze israeliane.
La maggior parte dei partecipanti fu trattenuta in arrest0 prima di essere espulsa nei paesi di origine. Mentre si preparava a salpare per Gaza il 2 maggio, la Conscience fu colpita due volte da droni armati, a quattordici miglia nautiche (25 chilometri) dalla costa di Malta. L’attacco innescò un incendio e causò la rottura dello scafo, costringendo i trenta attivisti turchi e azeri a bordo al disperato tentativo di evitare un naufragio. Quattro persone furono ferite nell’operazione e riportarono ustioni.
Infine nella notte tra l’8 e il 9 giugno di quest’anno una barca della Ffc con a bordo dodici attivisti è stata fermata dalle forze armate israeliane.
Anche prima dell’operazione militare israeliana cominciata il 7 ottobre 2023, la Striscia di Gaza aveva una popolazione di circa 2,3 milioni di persone che vivevano in una delle aree più densamente popolate del mondo ed era stata definita la più grande prigione a cielo aperto del mondo.
Dal 2007, Israele aveva mantenuto uno stretto controllo sullo spazio aereo e sulle acque territoriali di Gaza, limitando la circolazione di merci e persone in entrata e in uscita dalla Striscia di Gaza.
Anche prima dell’operazione militare israeliana cominciata nell’ottobre 2023, Gaza non aveva aeroporti funzionanti dopo che Israele aveva bombardato e demolito l’unico aeroporto nel 2001, solo tre anni dopo la sua apertura. Il 22 agosto 2025 le Nazioni Unite hanno dichiarato che mezzo milione di persone a Gaza sono vittime di una carestia, caratterizzata da fame, miseria e morti, secondo una nuova analisi dell’Integrated food security phase classification (Ipc).
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