Due giorni nella vita di due persone innamorate. Il primo, quando tutto comincia, e l’ultimo, quando ci si lascia. A chi legge, la possibilità di immaginare cosa è successo in mezzo. In questa puntata: Julie, 28 anni.
Il primo giorno
“Un brindisi per la campagna elettorale. Mi sono appena laureata in giurisprudenza, mi avvicino a lui, carismatico e raggiante in mezzo alla stanza piena di militanti. Mi faccio strada tra la folla, gli parlo e gli consegno il mio curriculum. Tre giorni dopo mi prende come collaboratrice. Non penso che stia andando tutto un po’ troppo in fretta: sono ingenua, ho sempre sognato di lavorare in politica e poi non ho una vita molto piena. Vivo ancora con i miei genitori, non ho un ragazzo. Mi assumono part-time, ma di fatto lavoro dalle nove del mattino alle otto di sera.
Lui è molto più grande di me, sposato e con figli, affascinante e seducente. Ho un colpo di fulmine professionale, sono fiera di lavorare per lui, tra di noi c’è una profonda connessione mentale. Sono entusiasta, non metto limiti, non ascolto i miei genitori che mi avvertono del fatto che a quest’uomo piacciono le ragazze più giovani, e che in zona ha già una certa fama.
Il nostro rapporto deraglia dolcemente, pranziamo insieme sempre più spesso, i complimenti sul mio aspetto si fanno più frequenti: mi dice che sono bella, carina, attraente. Di sera i messaggi arrivano sempre più tardi, con questa regola: ‘Dopo le 22 mi devi dare del tu’. I miei amici si rendono conto della situazione e mi dicono: ‘Attenta, ti stai innamorando del tuo capo, è pericoloso’. Ma non li ascolto, non capiscono quello che stiamo vivendo, sono solo gelosi.
È sposato ma mi confida che non è innamorato di sua moglie, che manca di affetto, che non ha fiducia in se stesso e che il suo famoso carisma politico è solo un atteggiamento di facciata. Penso di poter essere la sua soluzione. Una sera prenota una camera d’albergo, anche se tra di noi non c’era ancora stato alcun contatto fisico. Per questo incontro mi preparo con cura. Lasciamo le nostre cose in camera, è ancora presto. Lui mi regala un cd di Françoise Hardy, io non capisco bene perché, probabilmente è una questione generazionale, ma lui ha l’aria tutta emozionata e così lo sono anch’io.
Scendiamo nel salone dell’albergo, siamo affacciati dal mezzanino quando lui mi bacia, mi abbraccia, la sua lingua si muove in modo impetuoso. Penso che ho visto di meglio, ma la mia fascinazione per lui ha il sopravvento. La prima notte è idilliaca, Cenerentola in un grande palazzo, e io non faccio caso a tutti i segnali di pericolo che lampeggiano.
Il seguito è esaltante, passiamo da camere d’albergo a ristoranti nascosti. Ma molto presto il suo atteggiamento cambia. A volte ricevo delle email di lavoro molto dure senza alcun motivo, oppure mi ignora per tre giorni. Io, che di carattere sono equilibrata, gentile e non possessiva, divento folle e lo tempesto di messaggi, mi convinco che è colpa mia, che il suo silenzio è una punizione. Di fatto lui è molto insicuro, una vera e propria montagna russa di insicurezza, e così io passo da una sorta di connessione totale a una crisi profonda. ‘Non sai essere felice’, mi ripete spesso”.
L’ultimo giorno
“Abbiamo appuntamento in un giardino pubblico prima di una manifestazione. Arrivo in ritardo e lo vedo su una panchina accanto a una bellissima bruna dai capelli ricci. La conosco, me ne aveva già parlato, più il tempo passava, più ai suoi occhi diventavo meno bella e appassivo, mentre le altre ragazze erano meravigliose. Mi intrometto nelle loro risate e nella conversazione per ricordargli i suoi impegni. Lui non si muove. Sono gelosa, l’odio mi consuma, mi allontano e lo chiamo, anche se sono a soli cinquanta metri di distanza.
Al telefono gli urlo contro, gli dico che non ne posso più delle sue false promesse di lasciare la moglie – con la quale nel frattempo ha avuto un altro figlio – mentre io, a mia volta incinta di lui, ho dovuto abortire da sola. Sono stanca delle altre ragazze per cui non nasconde l’interesse. Lui si alza e mi raggiunge, con l’aria beffarda di chi dice ‘ma che ti succede sciocchina?’, quando è stato lui a rendermi così. Lo spingo con tutte e due le mani, come per cercare lo scontro, poi scappo via in lacrime.
Due giorni dopo parto in vacanza con la mia famiglia e gli mando molti messaggi di scuse per la scenata violenta che ho fatto. Mia madre è preoccupata. Ho appuntamento due giorni dopo dallo psicologo e il primo quarto d’ora nello studio piango come una fontana. Ci metto mesi a lasciare il mio lavoro, a disfarmi completamente di lui e della sua presenza. Grazie ai colleghi e allo psicologo riesco a fare chiarezza e comincio a capire tutto quello che ho vissuto, la sua perversione, la sua manipolazione.
Alla fine mi dimetto, gli mando una lettera piuttosto dura con una raccomandata con ricevuta di ritorno. Mi chiama e mi dice che non è possibile, che non posso lasciarlo, che mi ama, che ha bisogno di me, ma non si scusa neanche una volta. Il giorno delle mie dimissioni mi manda la foto della sua mano con una fede con sopra inciso il mio nome. Prima non portava la fede, a dimostrazione del suo matrimonio fallito. Gli avevo suggerito di indossarne una per me, per tenere lontane le altre ragazze e rappresentare la forza della nostra relazione. Ma ormai, da quando il mio psicologo mi ha spiegato che è una forma di manipolazione, non credo più alla foto con la fede, alle telefonate, ai messaggi.
Nel frattempo chiamo una sua ex, anche lei ‘caduta sul campo di battaglia’. Al telefono mi racconta i suoi anni passati a tenere in vita questa relazione, a sopportare tutto questo dolore, a sentirsi prigioniera. Tutto ciò mi rassicura, mi dico che il problema non sono io. Potrei rendere tutto di dominio pubblico, provocare uno scandalo, ma non oso farlo. Temo di essere trascinata nel fango, di vedere distrutta la mia carriera politica ancora agli inizi. Faccio ancora fatica a perdonarmi di essere stata così succube nei suoi confronti, di aver accettato l’inaccettabile.
Per gli altri è difficile capire perché non sono andata via prima, perché ho raggiunto un tale livello di annientamento. Il mio psicologo mi ha detto che sono gli stessi meccanismi che provano le donne che subiscono violenza, solo che in questo caso la violenza era psicologica. Mi sentivo così inutile che credevo che nessuno avrebbe potuto amarmi quanto lui. Ma non è vero, i miei cari e le altre persone intorno a me sono stati i guardiani del tempio, delle piccole voci che mi hanno ripetuto, finché non l’ho capito davvero, che non dovevo farmi trattare così”.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
Amore che vieni, amore che vai è una serie del quotidiano francese Le Monde che racconta il primo e l’ultimo giorno di una storia d’amore. Qui ci sono tutte le puntate.
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