Il 28 aprile, intorno a mezzogiorno, l’intera penisola iberica e alcune zone della Francia meridionale sono state colpite da un blackout che in molte zone si è prolungato fino alla tarda mattinata del giorno successivo. L’episodio ha paralizzato in particolare la Spagna e il Portogallo: si sono fermati treni, aerei e metropolitane; uffici e fabbriche erano in grave difficoltà; nei grandi centri, come Madrid, Barcellona e Lisbona, molte persone sono scese in strada con i loro telefoni in cerca di rete e hanno cominciato a fare scorte di alimenti, contanti, batterie e carburante; le autorità hanno chiesto agli automobilisti di non circolare, anche perché i semafori erano spenti.

Nel frattempo i tecnici della Red eléctrica de España (Ree) e della Redes energéticas nacionais (Ren), le aziende che gestiscono la rete elettrica nazionale rispettivamente in Spagna e in Portogallo, hanno lavorato senza sosta al ripristino della normalità, operazione che date le circostanze non era per niente semplice. Il lavoro è stato ultimato solo nelle prime ore del 29 aprile: la Ree ha annunciato il ritorno della rete al pieno funzionamento intorno alle 11 e 15.

È stato il più grave blackout che ha colpito la penisola iberica e in generale l’Europa negli ultimi anni. Sulle sue cause sono circolate subito molte ipotesi, dall’attacco informatico dei russi a eventi atmosferici estremi fino alle cicogne che da anni hanno stabilito i loro nidi in cima ai tralicci della rete elettrica, soprattutto nel sud del Portogallo. Nelle ore successive, quando la Ree e la Ren hanno cominciato ad analizzare i dati, è stata esclusa l’ipotesi dell’attacco informatico, ma un’analisi definitiva arriverà solo tra qualche mese.

È certo, tuttavia, che abbiamo assistito al primo grande blackout dell’era delle rinnovabili e della transizione energetica. Il 29 aprile Eduardo Prieto, direttore dei servizi e delle operazioni della Ree, ha fornito alcuni interessanti dettagli: alle 12.33 del 28 aprile, nell’arco di cinque secondi, nella rete elettrica spagnola si è verificata una serie di eventi simili a una perdita della potenza fornita che ha portato al collasso la rete fino alla Francia meridionale; nel momento peggiore la potenza fornita nella penisola iberica si è letteralmente azzerata; la Ree, in particolare, ha sottolineato che la perdita di potenza è riconducibile, “molto probabilmente”, a una centrale solare nel sudovest della Spagna; anzi, l’azienda sostiene che la rete è stata colpita da una perdita “massiccia” di potenza legata alle rinnovabili.

Il 29 aprile il governo spagnolo ha istituito una commissione d’inchiesta, guidata dal ministero per la transizione ecologica. Lo stesso giorno il premier portoghese Luís Montenegro ha chiesto alle autorità europee del settore energetico l’apertura di un’indagine indipendente che “faccia chiarezza sulle cause di questa situazione. Abbiamo bisogno di risposte rapide, faremo ogni sforzo possibile per capire una questione seria”. Montenegro ha anche proposto la creazione di una commissione tecnica indipendente per valutare la gestione delle crisi, la solidità della rete elettrica e dei sistemi di protezione civile e sanitario.

La Spagna paralizzata da un enorme blackout elettrico
Il 28 aprile la Spagna è stata colpita da un enorme blackout elettrico, ha annunciato l’operatore spagnolo Red Electrica, secondo cui “tutte le risorse sono mobilitate per risolvere il problema”.
 

Tuttavia, in attesa che nei prossimi mesi si sappia qualcosa di più, è necessario riflettere sullo stato delle infrastrutture energetiche in un mondo che richiede sempre più elettricità, non solo nella penisola iberica ma in tutta l’Unione europea. In un’intervista rilasciata al settimanale tedesco Die Zeit l’esperto di energia Bruno Burger, del Fraunhofer-Institut für solare Energiesysteme, spiega che nella rete elettrica europea la frequenza standard è di 50 Hz, un valore che resta stabile se la produzione pareggia costantemente il consumo. Cosa vuol dire: la rete funziona con corrente alternata, cioè una corrente che inverte la propria direzione con un ritmo imposto alla frequenza fissa di cinquanta oscillazioni al secondo. Questo sistema ha una tolleranza molto stretta: massimo 0,05-0,1 Hz. Fuori da questa banda entrano in funzione dei sistemi di protezione che staccano tutto ciò che è collegato alla rete, provocando il blackout. Alle 12.33 del 28 aprile la frequenza in Europa è scesa bruscamente a 49,85 Hz, segno che c’è stata una produzione nettamente più bassa della domanda.

Nel caso della Spagna e del Portogallo, continua Burger, ha giocato un ruolo decisivo la posizione geografica, che non permette ai due paesi di compensare al meglio i loro cali di elettricità prendendo quella degli altri paesi. “Il Portogallo confina solo con la Spagna”, che a sua volta è legata solo alla rete elettrica francese – per di più “in modo piuttosto debole” – e il 28 aprile non ha potuto usufruire dell’aiuto di paesi come la Germania o la Svizzera. Il blackout in Francia, infatti, è durato poco, mentre nel giro di un’ora sono state riconnesse le regioni spagnole più a nord, dove la rete è stata fatta ripartire grazie all’importazione dalla Francia.

In tutto questo l’eventuale ruolo delle rinnovabili potrebbe essere legato a un aspetto tecnico: le centrali tradizionali sono dotate di turbine in grado di assorbire meglio le variazioni della frequenza. Questi sistemi non sono presenti negli impianti eolici e solari, dettaglio che li rende meno resistenti agli imprevisti. In Spagna il 28 aprile il 70 per cento dell’energia arrivava da impianti solari ed eolici. A gennaio, scrive il settimanale portoghese Expresso, la Comisión nacional de los mercados y la competencia (Cnmc), l’autorità antitrust spagnola, aveva dichiarato che la crescente produzione da fonti rinnovabili “ha meno capacità di gestire la tensione della rete rispetto a quella tradizionale”, sottolineando la necessità che il sistema elettrico spagnolo acquisisse più strumenti in grado di controllare gli sbalzi di tensione.

Il problema principale è il grado di adeguatezza dell’infrastruttura elettrica europea. I fatti del 28 aprile dovrebbero indurre tutti a imparare la lezione e farne tesoro, rafforzando il sistema perché affronti al meglio la sfida energetica del futuro, cioè la crescente elettrificazione delle attività umane e la diffusione delle rinnovabili. Nel novembre del 2006, ricorda Burger, l’Europa occidentale fu vittima di un grande blackout partito in Germania che lasciò senza luce circa quindici milioni di cittadini per alcune ore. All’epoca i governi decisero di migliorare il grado di sicurezza e di interconnessione delle reti elettriche del continente.

Da qui dovrebbe partire la risposta al blackout iberico. Anche perché, come scrive Bloomberg, “negli ultimi quindici anni la domanda mondiale di elettricità è cresciuta a ritmi elevatissimi. Una tendenza destinata a continuare, in parte a causa delle nuove tecnologie affamate di elettroni, come i data center e l’intelligenza artificiale, e in parte perché il mondo sta semplicemente diventando più ricco”.

Allo stesso tempo le fonti rinnovabili, come il sole e il vento, guadagnano sempre più spazio rispetto a quelle fossili. “Eppure”, conclude Bloomberg, “ancora oggi quando si parla di sicurezza energetica tutti pensano solo al petrolio, al gas o al Medio Oriente”. L’obiettivo dei governi sarà trovare il giusto equilibrio tra gli innegabili vantaggi delle rinnovabili in termini economici e soprattutto ambientali, e la necessità di garantire al sistema una fornitura sicura e continua di elettricità anche quando il sole non splende e non c’è vento o quando un imprevisto mette alla prova le centrali.

Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.

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