Il primo capitolo di questo romanzo è uno scorcio quasi perfetto sul grande romanzo americano. Prima che arrivasse la traduzione italiana, avevo letto la lunga recensione che gli aveva dedicato Andrea Long Chu. Ora che l’ho finito posso dire di aver capito davvero Long Chu quando lo descrive come un’evoluzione rispetto al puro lirismo di Brevemente risplendiamo sulla terra. Si torna al familiare paesaggio del Connecticut: East Gladness è un paese di anime perse, dove ci si è risvegliati dal sogno americano all’incrocio di due strade con un McDonald’s, un Dunkin’ Donuts, un Wendy’s e un Taco Bell. Hai, figlio d’immigrati vietnamiti, quel sogno non l’ha mai vissuto, ma ne vede i brandelli disseminati ovunque. Lo incontriamo la prima volta su un ponte, mentre contempla l’idea di suicidarsi. Finisce per diventare l’infermiere dell’anziana Grazina, malata di Alzheimer, e per lavorare nella catena HomeMarket, circondato da personaggi eccentrici. In tutto questo Vuong non abbandona il suo stile lirico, il suo sguardo contemplativo, la sua capacità di dare valore a cose e gesti che passano inosservati. Nelle sue oltre quattrocento pagine il romanzo si sofferma su tanti temi, ma forse ciò che emerge con forza è il desiderio di raccontare la classe lavoratrice della provincia americana. Meglio, di restituirle la bellezza che pensa di non poter possedere. Magnifico, tristissimo. ◆
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1630 di Internazionale, a pagina 91. Compra questo numero | Abbonati