Da quando è stato colpito da un mandato d’arresto della Corte penale internazionale, il presidente russo Vladimir Putin si sposta poco all’estero. Viaggia solo in paesi sicuri, come la Cina o gli altri stati dell’Asia centrale. In questo senso la sua visita in India suscita comprensibilmente grande attenzione e la dice lunga sulla ricomposizione del mondo.
“Sono felice di accogliere il mio amico, il presidente Putin, in India”, ha scritto il 4 dicembre su X il primo ministro indiano Narendra Modi, che ha salutato calorosamente l’ospite russo appena sceso dall’aereo. In un contesto così complicato, ogni parola e ogni gesto sono calcolati.
Modi pensava di essere in ottimi rapporti con Donald Trump, ma ha avuto la sorpresa di essere penalizzato dal presidente statunitense a causa delle importazioni di petrolio russo in India. Da allora New Delhi ha quasi interrotto l’acquisto di idrocarburi russi, ma allo stesso tempof ha voluto sottolineare la propria autonomia diplomatica invitando Putin.
La spiegazione di questa scelta è legata al posizionamento scelto dall’India: il multiallineamento. Il paese resta fedele alla sua alleanza storica con Mosca, diversifica i suoi acquisti di armi tra Stati Uniti e Francia e di recente si è avvicinato al numero uno cinese Xi Jinping.
Il multiallineamento è una caratteristica di questi tempi. L’ordine ereditato dalla seconda guerra mondiale si sta sgretolando e lascia spazio a una pluralità di poli. Le due superpotenze, Stati Uniti e Cina, sono impegnate in una rivalità serrata e hanno tutti gli attributi del dominio: l’esercito, la tecnologia, l’economia.
La Russia non è più a quel livello, impantanata nella sua guerra in Ucraina e largamente dipendente dalla Cina sul piano economico. Eppure Mosca ha risuscitato le sue pretese imperiali.
Il resto del mondo cerca il suo posto. In visita in Cina questa settimana, il presidente francese Emmanuel Macron ha difeso un rinnovo del multilateralismo in cui vorrebbe coinvolgere Pechino. Possiamo capire facilmente quale sarebbe l’interesse dell’Europa, palesemente indebolita in un mondo che cambia a grande velocità e ancora troppo dipendente dagli Stati Uniti dopo essere stata incapace di aver preso per tempo la strada dell’autonomia strategica e della trasformazione economica. Oggi ha bisogno di un mondo che obbedisca alle regole del diritto.
Ma cosa vuole la Cina in questo contesto? Xi desidera proiettare una doppia immagine di potere e calma davanti al caos della politica statunitense. Per questo motivo la Cina non dice “no” alle lusinghe della Francia, che vorrebbe organizzare attorno al G7 previsto l’anno prossimo a Évian (sotto la presidenza francese) una rifondazione dell’ordine internazionale. Contemporaneamente, però, il numero uno cinese porta avanti il suo programma personale, quello della potenza cinese.
Le condizioni per il progetto francese sono ancora lontane. Prima di tutto perché la guerra in Ucraina prosegue e concentra tutte le contraddizioni del momento. Ancora una volta l’azione statunitense, che va incontro ai desideri della Russia, si è scontrata con l’atteggiamento massimalista di Putin: i negoziati sono in stallo, com’era prevedibile.
Il mondo dovrà scegliere tra un ritorno al diciannovesimo secolo e ai rapporti di forza tra le potenze e un nuovo multilateralismo come quello proposto dalla Francia, che però non ha ancora un peso rilevante. Putin in India, Macron in Cina, Trump tra qualche mese a Pechino. Siamo appena ai preliminari nella ricomposizione del mondo.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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