“La paura dell’amore è come la paura dei gatti. È la paura dell’incostanza, dell’incoerenza, del gesto che non ti aspetti. La paura dell’amore è la paura che non torni”. Ecco la frase che per me sintetizza il tema che tiene insieme questa antologia. Ho amato I nomi propri, l’esordio di Serrano pubblicato in Italia da Giulio Perrone Editore. In questa raccolta di racconti ho ritrovato quel suo stile riconoscibile, quella capacità di modellare accelerare e decelerare il ritmo di ogni storia, di raccontare con disincanto e ironia quella che è sempre stata la forma minima della vita: la coppia. È narrata nella sua parabola di castello che per crollare ha bisogno solo di altre carte, come per Elo ed Elo; nello scetticismo che nasconde la speranza che ogni storia d’amore sia diversa, come s’illudono Claudia e Fran; nelle tracce frettolose e indifferenti dell’amore che Dolores vede nei figli e nei nipoti; nel desiderio della coppia di disintegrarsi e tornare a guardare il mondo come singoli. Gli uomini e le donne di questo libro sono raccontati con lo stesso spirito di Modern love, con l’intento di comporre un ritratto dell’amore contemporaneo, di come la coppia si relaziona con la geografia di fuori. Che l’amore sia ancora all’inizio – l’incontro con i genitori, la cena con gli amici – o un paesaggio che conoscete in ogni suo crepaccio, rispecchiarsi non sarà difficile. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati