Kamil e Beatrice nell’estate del 1994 tornano a Roma dalla periferia di Varsavia. Comincia dalla fine, il libro, quando tutto brucia, e ripercorre i tre mesi in cui si deciderà del loro futuro, se a Ostia con la madre o in Polonia con il padre. A Viola, mamma borghese proprietaria di un lido con ristorante, i figli erano stati tolti per un incidente non meglio specificato, la cui spiegazione è molto rimandata. Se Beatrice in Polonia aveva trovato una propria dimensione, anche linguistica, Kamil si sente a casa solo nel branco, nell’uso del romanesco. Nelle loro vite, nella grande villa con piscina, l’assenza è tutta affettiva ed emotiva. I loro corpi, mutevoli nelle identità e nelle lingue poliedriche, alla fine sono alieni, estranei, rigettati. Sono senza redenzione i personaggi dell’esordio di Spiechowicz, già autrice per il teatro. Kamil, Beatrice e gli altri che si muovono in questa periferia cittadina sono complessi e allo stesso tempo ingabbiati nei loro ruoli, nelle loro posizioni, e la loro parabola finisce esattamente dove ci si aspettava all’inizio. La grande protagonista di questo bel romanzo di formazione è però Roma, quella degli anni novanta, ma anche di oggi, città feroce e tragica nella sua bellezza quanto nella sua brutalità. _Mentre tutto brucia _non è un romanzo perfetto, ma apre un vivido squarcio nell’adolescenza e nella sua transizione verso l’età adulta. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1611 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati