Le raccolte di racconti mi piacciono moltissimo, e quando ne trovo di così ben scritte per me è impossibile non apprezzarle. Barbara Di Gregorio mette in fila sei racconti, a tratti surreali e a tratti iperrealisti, tra donne con mutazioni genetiche e desideri di avere un figlio non più procrastinabili, gravidanze maschili e società in cui il maschile si è tramutato in un virus messo al bando per legge. Se gli uomini di questa raccolta sono assenti o esprimono bisogni di cura, emotività da abbandono e incapacità di convivenza, le protagoniste di Di Gregorio sono schiacciate dalla sensazione di non avere mai una vera e propria libertà, respinte nelle foreste dalla società urbanizzata e incastrate in un tempo che le porta sempre a essere in ritardo. Come nel caso del bel racconto che apre l’antologia. Una donna che per mutazione genetica diventa un animale ferino, prima è costretta dal marito a vivere nell’opprimente ambiente domestico, poi portata via di forza per essere rilasciata in una foresta. Il marito torna a cercarla, perché si è scoperto incapace di vivere senza la moglie. In un momento storico in cui i corpi delle donne sono considerati un oggetto slegato dall’individuo, questi sei racconti li narrano con una rara creatività che ci tiene con il fiato sospeso e una capacità immaginifica che incanta. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1610 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati