L’11 giugno 1995, pochi mesi dopo il debutto della legge elettorale Mattarella e su spinta di Marco Pannella, gli italiani furono chiamati alle urne per pronunciarsi su dodici quesiti referendari. Alcuni toccavano nervi scoperti del sistema radiotelevisivo: meno concessioni, un tetto agli spot e limiti alle interruzioni pubblicitarie. La colonna sonora era uno slogan firmato da Federico Fellini e adottato dal Partito democratico della sinistra: “Non si interrompe un’emozione”. A due giorni dal voto la Fininvest mandò in onda La grande avventura, una maratona tv piena di stelle: Lorella Cuccarini, Fiorello, Mike Bongiorno, Pippo Baudo, Raffaella Carrà… Ufficialmente una festa per i 15 anni della tv commerciale, in realtà un lussuoso cavallo di Troia in prima serata per spingere il pubblico a votare No ai quesiti che minacciavano gli equilibri e i bilanci di Cologno Monzese. Solo una piccola pattuglia, tra cui la Gialappa’s band ed Enzo Iacchetti, rifiutò di partecipare. Oggi, mentre si avvicinano nuovi referendum (8-9 giugno), di cui sanno in pochi e che la tv ignora anche se contemplano temi come il lavoro, i diritti e la cittadinanza, mi sorprendo a provare una tenue nostalgia per Berlusconi, capace di muovere la gioiosa macchina dello show per spingerci a votare. Contro, ma a votare. A modo suo, invadeva il dibattito pubblico senza negare la partecipazione. E lo faceva, quasi mi commuovo, offrendoci un varietà. ◆
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati