Il 19 ottobre il candidato di centrodestra Rodrigo Paz ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali in Bolivia, mettendo fine a vent’anni di governi socialisti.

“La Bolivia ritrova finalmente il suo posto sulla scena internazionale”, ha dichiarato Paz, che ha ottenuto il 54,6 per cento dei voti, con il 97,8 per cento delle schede scrutinate, contro il 45,4 per cento del suo avversario di destra, Jorge “Tuto” Quiroga.

In un comunicato, il segretario di stato statunitense Marco Rubio si è congratulato con il presidente eletto, salutando “un’occasione di cambiamento dopo due decenni di cattiva gestione”. Ha aggiunto che gli Stati Uniti sono pronti a collaborare con la Bolivia in materia di sicurezza regionale, investimenti e lotta all’immigrazione.

L’8 novembre Paz assumerà la guida di un paese che, sotto Evo Morales (2006-2019), aveva compiuto una forte svolta a sinistra: nazionalizzazione delle risorse energetiche, rottura con Washington e alleanze con Venezuela, Cuba, Cina, Russia e Iran.

Dopo l’annuncio dei risultati, migliaia di sostenitori di Paz sono scesi in piazza a La Paz per festeggiare.

“Siamo qui per dare il benvenuto a una nuova era”, ha dichiarato Julio Andrey, un avvocato di 40 anni.

Erede di un’influente dinastia politica, Paz è un moderato dai toni populisti.

Il vicepresidente eletto Edmand Lara ha auspicato “l’unità e la riconciliazione della Bolivia”.

“Ho chiamato Paz per congratularmi con lui”, ha dichiarato invece Quiroga, riconoscendo la sconfitta.

Paz prenderà il posto dell’impopolare Luis Arce, che aveva rinunciato a candidarsi e il cui mandato è stato caratterizzato dalla più grave crisi economica da quarant’anni, con carenze di carburante e un’inflazione al 23 per cento.

Sia Paz sia Quiroga proponevano politiche simili, con una netta riduzione della spesa pubblica, e in particolare dei sussidi per il carburante, e un rafforzamento del settore privato.

Non disponendo della maggioranza in parlamento, Paz sarà costretto a scendere a compromessi. Dovrà anche affrontare la forte opposizione di Evo Morales, che è ancora popolare in alcune aree del paese, soprattutto tra i nativi.