Il 28 maggio un alto funzionario delle Nazioni Unite ha affermato che più di quaranta persone sono rimaste ferite il giorno prima, la maggior parte delle quali per i colpi sparati dai soldati israeliani, durante una distribuzione di aiuti umanitari a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.

“Almeno 47 persone sono rimaste ferite”, ha dichiarato alla stampa Ajith Sunghay, capo dell’ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi. “La maggior parte è stata raggiunta da proiettili sparati dai soldati israeliani”.

L’esercito israeliano ha reagito smentendo di aver aperto il fuoco contro la folla.

“Stiamo verificando le informazioni fornite dalle Nazioni Unite, ma a quanto ci risulta i soldati si sono limitati a sparare dei colpi d’avvertimento”, ha dichiarato all’Afp Olivier Rafowicz, un portavoce dell’esercito.

Il 27 maggio scene di caos si erano verificate a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, durante una distribuzione di cibo organizzata da una fondazione sostenuta da Israele e dagli Stati Uniti, e contestata dalle Nazioni Unite e dalle ong.

“Dopo alcuni incidenti le operazioni sono riprese regolarmente”, ha affermato la Gaza humanitarian foundation (Ghf).

La settimana scorsa Israele, sottoposto a forti pressioni internazionali, aveva revocato parzialmente un blocco degli aiuti umanitari che durava dal 2 marzo e che aveva aggravato la catastrofe umanitaria in corso, permettendo l’ingresso di alcuni camion gestiti dalle Nazioni Unite.

“Scene strazianti”

“Ero in fila con centinaia di persone quando improvvisamente, a causa dei ritardi nella distribuzione, la folla ha cominciato a spingere per arrivare al cibo”, ha dichiarato all’Afp uno sfollato, Ayman Abu Zaid.

“A quel punto i soldati israeliani hanno cominciato a sparare e la gente è scappata, mentre alcune persone cercavano d’impadronirsi degli aiuti nonostante il pericolo”, ha aggiunto.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha riconosciuto “una momentanea perdita di controllo”.

“Queste scene di caos sono strazianti”, ha affermato Stéphane Dujarric, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.

La Ghf ha accusato il gruppo palestinese Hamas di aver imposto dei blocchi, causando dei ritardi nella distribuzione del cibo a Rafah, in uno dei due centri inaugurati il 27 maggio, su un totale di quattro previsti nella Striscia di Gaza.

“Quanto accaduto dimostra che il tentativo d’Israele di distribuire aiuti umanitari aggirando le Nazioni Unite è fallito miseramente”, ha affermato l’ufficio stampa dell’amministrazione di Hamas.

La Ghf ha riferito di aver distribuito finora “ottomila pacchi alimentari per un totale di 462mila pasti”.

Ma le Nazioni Unite e le ong accusano la fondazione di essere al servizio d’Israele, aiutandolo a raggiungere i suoi obiettivi militari, in violazione dei princìpi umanitari.

Washington ha definito le critiche delle Nazioni Unite “il massimo dell’ipocrisia”.

Il 25 maggio il capo della Ghf, Jake Wood, aveva annunciato le sue dimissioni, dichiarando di non poter adempiere alla sua missione “nel rispetto dei princìpi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza”.