Chi ha concepito il piano di pace statunitense per l’Ucraina? Grazie al vicepresidente J.D. Vance sappiamo chi non lo ha scritto: gli esperti del conflitto e della sua complessità. Sul social media X, Vance ha difeso il piano con questa spiegazione: “La pace non sarà costruita dai diplomatici e dai politici falliti che vivono in un mondo immaginario. Potrebbe essere realizzata da persone intelligenti che vivono nel mondo reale”.

È una frase che la dice lunga su com’è cambiato il modo di vedere le cose a Washington. Il presidente statunitense Donald Trump si fida solo di una cerchia ristretta di consiglieri, a cominciare da Steve Witkoff, ex imprenditore immobiliare e giocatore di golf. Witkoff è l’uomo dell’accordo su Gaza e della trattativa sull’Ucraina. Come a Gaza, anche nel caso dell’Ucraina è affiancato da Jared Kushner, onnipresente genero di Trump.

Sul versante russo, l’interlocutore degli statunitensi è Kirill Dmitriev, presidente del fondo di investimento russo e sposato con un’amica d’infanzia e collaboratrice di Katerina Tikhonova, una delle figlie di Putin. All’inizio dell’invasione dell’Ucraina Dimitriev è stato colpito dalle sanzioni statunitensi, ma questo non gli ha impedito di presentarsi a Miami per negoziare i 28 punti del piano di pace con Witkoff. Questi uomini fanno parte dello stesso mondo e hanno un peso importante grazie alla vicinanza con il loro capo.

Nel sistema Trump, i professionisti sono tenuti a distanza. Anche dal consiglio per la sicurezza nazionale, un organismo guidato in passato da Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski e più recentemente da Jake Sullivan, uomo chiave per Joe Biden. Oggi a capo del consiglio c’è Marco Rubio, che ha anche il ruolo di segretario di stato ma si è occupato del piano per l’Ucraina solo a giochi fatti.

Dal commento di Vance emerge chiaramente una critica al vecchio mondo: se i “diplomatici e i politici falliti” avessero avuto successo non ci sarebbero tanti conflitti da risolvere. Ma se la competenza non garantisce un buon risultato, la soluzione può mai essere la mancanza di competenza?

È possibile arrivare alla pace tra israeliani e palestinesi senza tenere conto del peso della storia, della memoria e delle ferite? Lo stesso vale per l’Ucraina e la Russia. Il mondo reale di cui parla Vance ha radici che non possiamo ignorare. Le guerre non sono questioni finanziarie da risolvere.

Lo spirito dei tempi

Questo non è l’unico caso in cui la competenza è messa in discussione. È una tendenza della nostra epoca. La scienza e il clima, per esempio, sono campi in cui vediamo ogni giorno conoscenze contestate. Trump ha boicottato la Cop di Belém, in Brasile, parlando di un hoax (imbroglio) a proposito del cambiamento climatico. E il suo segretario alla salute Robert Kennedy Jr si scaglia contro i vaccini, uno dei pilastri della sanità pubblica. Tutto questo ha conseguenze pesanti sui bilanci, sulle scelte energetiche e su quelle sanitarie.

Anche in Europa va di moda contestare i “saccenti”, una parola spregiativa per definire chi partecipa al dibattito pubblico con la forza di una competenza riconosciuta.

In teoria chi governa potrebbe contare su tutte le competenze del suo paese per prendere decisioni in funzione dei propri orientamenti politici. La scelta di delegittimare la conoscenza per fare tabula rasa non ha niente di razionale, anzi, è il primo passo verso l’oscurantismo, che oggi minaccia gli Stati Uniti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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