La cautela statunitense che aveva caratterizzato il primo giorno dell’offensiva israeliana contro l’Iran è completamente svanita. Se il 13 giugno il segretario di stato Marco Rubio aveva parlato di “azione unilaterale di Israele”, quattro giorni dopo Donald Trump ha scritto sul suo social network Truth: “Controlliamo lo spazio aereo iraniano”, usando il “noi” quando ufficialmente gli Stati Uniti non partecipano alla guerra. O forse sarebbe meglio dire che non partecipano “ancora” ufficialmente alla guerra.

Per capire come e perché Trump potrebbe decidere di partecipare al conflitto al fianco di Israele bisogna tenere conto di tre fattori. Il primo è psicologico. Può sembrare secondario dato che parliamo di una guerra, ma con Trump questo aspetto è sempre importante.

Ascolta | La puntata del Mondo sul perché gli iraniani non sono pronti alla guerra

Il presidente statunitense ama più di tutto presentarsi come un winner, un vincente, e in questa guerra Israele conta su una netta superiorità strategica e sostanzialmente fa quello che vuole. Da questa considerazione deriva il “noi” usato da Trump. La tentazione era irresistibile. D’altronde per lui non c’è niente di più frustrante di una guerra combattuta con armi statunitensi ma di cui non può prendersi il merito in caso di vittoria. Questo primo fattore propende chiaramente per l’ingresso in guerra di Washington.

Il secondo è rappresentato dagli uomini che hanno la possibilità di influenzare Trump, di cui il più importante, in questa vicenda, è naturalmente Benjamin Netanyahu.

Il primo ministro israeliano, che ha un rapporto di lunga data e complesso con il presidente statunitense, oggi ha un peso maggiore anche di quello di Mohammed bin Salman, principe ereditario saudita che non voleva lo scoppio della guerra. Degli europei non parliamo neanche. Trump non si degna neanche di ascoltarli.

A volte il presidente statunitense ha avuto un atteggiamento brusco con Netanyahu, come lo scorso 19 gennaio, quando l’inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente Steve Witkoff ha imposto a Israele un cessate il fuoco a Gaza per permettere a Trump di ottenere un successo alla vigilia della sua investitura, per quanto effimero.

Tuttavia, oggi è chiaro che Netanyahu ha un enorme ascendente su Trump. Lo dimostra il fatto che sia riuscito a fargli abbandonare le riserve e a incassare la sua approvazione per la guerra prima ancora del termine delle trattative con l’Iran.

È una vecchia storia: Netanyahu era già contrario all’accordo concluso con Teheran da Obama nel 2015 e ha sempre desiderato una soluzione militare per sventare una minaccia che considera “esistenziale”. Se Netanyahu otterrà un ingresso in guerra degli Stati Uniti, per lui sarebbe un successo enorme.

Il terzo fattore riguarda la politica interna statunitense. Trump è stato eletto presentando un programma di disimpegno dai conflitti nel mondo, criticando le “guerre senza fine” condotte in passato sia dai repubblicani sia dai democratici. Nel suo discorso inaugurale, il presidente ha addirittura dichiarato che il suo successo sarà misurabile dalle guerre a cui non parteciperà, una frase accolta da applausi scroscianti.

Anche per questo, oggi la base del movimento Maga (Make America great again) è destabilizzata, come dimostra la posizione di Tucker Carlson, autore di podcast che si è impegnato molto per fare eleggere Trump ma che oggi è definito “pazzo” per aver osato opporsi all’ingresso in guerra. Anche se sull’Ucraina è allineato alle posizioni del movimento, su Israele e l’Iran Carlson pende dal lato dei repubblicani old school.

Questa alchimia tra diversi fattori, che deciderà la pace e la guerra, ruota attorno a un solo uomo: Donald Trump.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Iscriviti a
Mediorientale
Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
Iscriviti
Iscriviti a
Mediorientale
Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
Iscriviti

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it