Probabilmente Donald Trump ha avuto le sue buone ragioni per tornare precipitosamente alla Casa Bianca e saltare la parte finale del vertice del G7 in Canada. La prosecuzione della guerra in Iran ci farà capire come sono andate le cose, ma già ora la sua partenza ha una dimensione simbolica e rivela quale sia lo stato del mondo.

Il G7 rappresenta tutto ciò che il presidente statunitense detesta, a cominciare dall’obbligo di negoziare con paesi più piccoli e firmare dichiarazioni comuni senza valore, fingendo di essere una famiglia solo per scattare una foto. In poche parole è l’esempio perfetto del multilateralismo, l’arte di gestire in comune gli affari del mondo. Dunque, per Trump, il nemico.

Non è una novità. Trump aveva già stravolto un vertice del G7 nel 2018, sempre in Canada, rinnegando la dichiarazione finale che aveva appena firmato.

Tra le sue accuse, all’epoca, c’era l’esclusione di Vladimir Putin dal G8 a causa dell’annessione della Crimea, nel 2014. Quest’anno Trump ha ripetuto il concetto immediatamente, fin dal primo giorno. Evidentemente ritiene che Putin meriti di sedere davanti a lui più degli europei, per cui prova solo disprezzo.

La domanda, a questo punto, è inevitabile. Il G7 serve ancora a qualcosa? Siamo davanti a un paradosso. Da un lato Trump non ama il G7 perché crede solo in se stesso e nella forza degli Stati Uniti, ma dall’altro sottolinea un problema reale: il G7 oggi è un guscio vuoto, simbolo del crollo del governo mondiale. Per capirlo basta guardare all’assenza totale delle Nazioni Unite nella guerra tra Israele e Iran. Nella nuova epoca tutto si basa sui rapporti di forza nazionali.

Di sicuro il vertice tra le grandi potenze ha fatto il suo tempo. Al momento della sua creazione, nel 1976, costituiva il club dei paesi più industrializzati del pianeta, che avevano l’85 per cento della ricchezza mondiale. Oggi la percentuale è scesa al 30 per cento e altri paesi hanno scalato la classifica mondiale del potere economico. Come la Cina, che non è stata invitata al G7 nonostante sia la seconda potenza economica mondiale.

Originariamente il G7 era stato pensato per coordinare la politica economica delle potenze in un momento di grande turbolenza, ma nel corso degli anni si è progressivamente trasformato in una guida occidentale del pianeta, con dichiarazioni finali che davano “consigli” su tutte le crisi in corso. Ora la situazione è cambiata: politicamente l’occidente ha perso peso e coerenza, mentre i paesi emergenti hanno acquisito sicurezza dopo la fine della guerra fredda.

“L’occidente si sta indebolendo e tutti se ne rendono conto”, ammette un leader occidentale per cui il movimento Make America great again di Donald Trump rappresenta prima di tutto un “grido nostalgico” nei confronti di un’epoca passata.

Nel mondo attuale esistono due opzioni per sostituire il G7: una è quella di Trump, che si affida alla potenza degli Stati Uniti nel disprezzo più totale dei suoi alleati; l’altra è quella della Cina e delle sue istituzioni parallele, dai Brics (insieme alla Russia, al Brasile e ad altri) all’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione.

Forse sarebbe il caso di immaginare una terza via: post-occidentale (perché un’organizzazione del mondo basata sul vecchio dominio dell’occidente non è più legittima) e più paritaria, dunque senza la possibilità che una superpotenza imponga la sua legge. Inutile dire che questa non è la direzione verso cui sta andando il mondo, con il ritorno della forza brutale.

Questa terza via potrebbe essere sostenuta dall’Europa, nel contesto di nuove alleanze con i paesi che non vogliono rassegnarsi a scegliere tra Pechino e Washington. Siamo ancora lontani da uno sviluppo di questo tipo, soprattutto in un contesto segnato da molteplici guerre che si fanno beffe del diritto internazionale. Nell’attesa, il rituale del G7 continua, senza accorgersi della propria obsolescenza.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it