Questo articolo è stato pubblicato il 1 luglio 2005 nel numero 597 di Internazionale.
Telecamere in spalla: arriva Warren Buffett. Cammina a lunghi passi e, con la testa leggermente protesa in avanti, passa oltre un paio di giornalisti. Lo seguono due o tre guardie del corpo. Per una volta, nel corridoio dell’albergo Omaha Marriot è consentito fare riprese e foto. L’unico posto in cui le telecamere non inseguono il secondo uomo più ricco del mondo è la toilette: a impedirlo, piazzandosi davanti alla porta, ci pensa uno dei suoi uomini.
Fari accesi: dopo pochi minuti, Buffett, 74 anni, s’infila di fretta in una saletta. Ma è praticamente vuota. Il migliore investitore di tutti i tempi è in anticipo di almeno mezz’ora. Si ferma un attimo per riflettere. Poi, d’un tratto, scompare così com’è arrivato.
Il suo socio, l’ottantunenne Charly Munger, se la prende più comoda. Arriva all’albergo qualche minuto più tardi, camminando senza fretta, si siede su una poltrona, allunga le gambe, beve la sua Diet-Coke e comincia a chiacchierare di pesca. Disponibile, si lascia ritrarre per una foto ricordo con i suoi interlocutori. Per i due soci la cosa fa parte della routine di questi tre giorni, proprio come le richieste di autografi.
“Diventa un evento sempre più importante ogni anno che passa”, osserva Munger. Si riferisce all’assemblea annuale della Berkshire Hathaway, la holding di Warren Buffett. Non c’è paragone con la prima, negli anni cinquanta, quando Buffett invitò gli investitori a una festa in casa sua. Quest’anno, nell’ultimo fine settimana di aprile, più di ventimila seguaci sono venuti in pellegrinaggio al Qwest center di Omaha, in Nebraska, per ascoltare sei ore di seguito quello che avrebbero detto i due filosofi del mercato del capitale. Molti di quelli che da decenni si tengono strette le azioni di Buffett ormai sono ricchi sfondati. Per tre giorni gli azionisti della Berkshire trasformano la cittadina del Midwest in un parco dei divertimenti. Un punto d’incontro particolarmente frequentato è la gioielleria Borsheim: il negozio appartiene all’impero di Buffett e fa sconti speciali agli azionisti. Quest’anno però il pezzo più venduto è stato il gioco da tavolo Monopoli, in edizione speciale Berkshire Hathaway Diamond. Tempi di consegna: da sei a otto settimane. Al terzo giorno della convention era già esaurito e non c’è da stupirsi, visto lo scopo del gioco: “Assumi il controllo del consiglio d’amministrazione e diventa presidente della Berkshire Hathaway!”.
Chiaramente era solo per ridere: il grande capo non ha la minima intenzione di mollare. Erano anni che gli investitori non vedevano un Buffett così vispo, anche se lui e Munger hanno parlato molto dei pericoli che minacciano gli Stati Uniti: dal terrorismo alle guerre, fino allo spaventoso disavanzo commerciale. Buffett, anche dopo aver risposto per due ore e mezzo al fuoco di domande dei giornalisti, non mostrava segni di stanchezza. Come al solito ha parlato piuttosto velocemente, sottolineando le parole con i gesti delle mani, tamburellando con l’indice sulla tempia e muovendo i piedi sotto il tavolo.
Per quanto sia un investitore freddo e restio a mostrare i sentimenti, c’è un nome che lo fa visibilmente emozionare: Bill Gates, il fondatore della Microsoft. Da molti anni Buffett è amico dell’uomo più ricco del mondo e i due giocano regolarmente a bridge insieme, via internet. Gates è stato spinto da sua madre a conoscere Buffett, e suo padre era presente all’assemblea annuale di Omaha. Bill detiene azioni Berkshire per un valore di trecento milioni di dollari e fa parte della “grande famiglia”: ha occupato il posto nel consiglio direttivo rimasto libero dopo la morte della moglie di Buffett, Susan.
Il destino dell’impero
Questa sostituzione è un fatto veramente fuori dall’ordinario: per Buffett la moglie era una delle principali figure di riferimento, anche se i due vivevano separati da oltre venticinque anni. Al suo posto è subentrato Gates, che Buffett non esita a definire “uno dei migliori cervelli del mondo”: “È un buon amico, un amico intelligente”. Inizialmente ha esitato a proporre l’incarico a Gates, sapendo quanto sia prezioso il suo tempo e tenendo conto del fatto che un membro del consiglio d’amministrazione della Berkshire non guadagna molto: appena 900 dollari a seduta. “Ma lui ha accettato, ed è stato magnifico!”. Buffett è felice perché evidentemente ha risolto il problema che gli stava più a cuore: il destino del suo impero dopo la sua morte. “Nulla è più importante del fatto che la Berkshire Hathaway mantenga la sua filosofia”, dice Buffett, quella cioè di una libera unione di società operanti, la cui unica ragion d’essere sta nell’incrementare il valore delle azioni a vantaggio dell’azionista: capitalismo allo stato puro.
Gates crede nella cultura d’impresa creata da Buffett: per questo sarà lui ad assicurarne la continuità. In fin dei conti deve ancora compiere cinquant’anni ed è “giovane”. Quanto sia importante questo aspetto per Buffett, lo dimostra anche l’entusiasmo del suo vice, Munger. Durante le apparizioni pubbliche, i due si passano la palla in continuazione. Il socio ribadisce una volta di più le parole di Buffett: “Ha l’enorme vantaggio di avere cinquant’anni”.
È un’abile mossa, perché per i due veterani della Berkshire l’età è un problema che costa caro: un’agenzia di rating, per esempio, ha deprezzato l’affidabilità della Berkshire perché il futuro della società dopo Buffett non è chiaro. Quindi ora lui non perde occasione di far sapere che è tutto sistemato: quando morirà, quasi tutto il suo patrimonio di oltre 30 miliardi di dollari andrà a una fondazione. Solo una piccola parte delle sue azioni passerà ai tre figli. Inoltre ha annunciato pubblicamente che alla prossima seduta del consiglio d’amministrazione si discuterà della successione.
Ma è un annuncio destinato a ripetersi spesso, perché Buffett è deciso a lavorare ancora a lungo: “Il mio hobby è il mio lavoro”, ha ripetuto anche quest’anno. E per lui significa innanzitutto leggere, leggere, leggere. Buffett legge avidamente statistiche, bilanci, resoconti aziendali e quotidiani così come altre persone divorano romanzi gialli: lo fa ogni volta che può e ovunque sia. A casa non si lasciava distrarre nemmeno dal chiasso dei bambini.
Le sue capacità intellettive sono leggendarie e ha una memoria incredibile. È capace di citare note di documenti che ha letto anni prima. Non ha difficoltà a calcolare mentalmente e con esattezza le entrate, le uscite e i profitti delle aziende per i prossimi dieci o vent’anni. Questo è uno dei motivi per cui continua a prendere le decisioni d’acquisto con sorprendente velocità.
Buffett, poi, è un tipo sedentario. Ha sempre abitato a Omaha e non ha mai ostentato le sue ricchezze. Anzi, è piuttosto avaro. Vive ancora oggi in Farnam street, in una casa della classe media che ha comprato negli anni cinquanta per 31.500 dollari. Da giovane ha avuto per molto tempo un maggiolino Volkswagen celeste, finché non si è accorto che la cosa insospettiva qualche investitore. Allora sua moglie gli ha comprato una Chevrolet. Ha un reddito di centomila dollari all’anno, che gli bastano per vivere. Il solo lusso che oggi si concede è di spostarsi in giro per il mondo con i suoi jet. Ma lo fa solo quando è costretto a viaggiare: se può, resta nei suoi edifici della Kewit plaza a Omaha, dove di solito la sua agenda non prevede più di un appuntamento alla settimana.
Rigida routine
In certi aspetti della vita quotidiana, Buffett rasenta l’inettitudine. Per non lasciarsi distrarre dagli investimenti, segue una rigida routine: indossa sempre gli stessi vestiti, le stesse cravatte e le stesse scarpe. Detesta i cambiamenti anche quando si tratta di mangiare. La sera in cui si è chiusa la convention, per esempio, ha ordinato nel suo ristorante preferito una costata, due frittelle di patate e una Cherry-Coke, come al solito. Anche durante il tradizionale incontro con i giornalisti ha bevuto una Cherry-Coke. Come al solito, in quell’occasione Munger e Buffett hanno voluto ribadire il segreto del loro successo: quello che conta è avere la “ tempra giusta”. “Non bisogna lasciarsi influenzare troppo” dall’opinione altrui.
Le tre giornate di Omaha, note come la Woodstock dei capitalisti, sono il modo in cui Buffett chiede scusa della sua latitanza di fronte all’opinione pubblica per il resto dell’anno. Lui è così da cinquant’anni, e questo è uno dei suoi aspetti più apprezzabili.
Grazie agli oculati investimenti, Buffett, che all’inizio della carriera era uno squattrinato fattorino di giornale, è riuscito a diventare multimiliardario. Quando ha cominciato, negli anni cinquanta, era piuttosto povero; negli anni sessanta era già milionario e negli anni ottanta è diventato miliardario. Questa favolosa ascesa ha fatto di lui l’eroe americano per eccellenza, accanto a Gates.
A più riprese, ci sono stati momenti in cui la gente ha dubitato di lui. Come oggi, per esempio, perché ha in deposito miliardi di dollari in contanti e non sa ancora come investirli. Oppure perché si ritrova coinvolto in uno scandalo assicurativo che riguarda l’azienda rivale Aig, una questione di cui non può parlare troppo, perché è un testimone.
Anche se questo è contrario alla sua natura, dato che Buffett attribuisce un enorme valore alla trasparenza di fronte ai propri azionisti. Così come al rispetto delle leggi. Non si è arricchito sfruttandone le lacune, ma perché ha mantenuto la calma, ha riconosciuto le tendenze dei mercati prima degli altri e ha comprato solo quando era sicuro e il prezzo era vantaggioso. Buffett non è uno speculatore ma un investitore: un oracolo.
Così, verso la fine degli anni sessanta si è ritirato in tempo dal mercato azionario e ci è rientrato solo nel 1974, quando nessuno comprava più. Negli anni novanta ha avuto ragione a evitare le azioni tecnologiche. In fin dei conti è semplice. Buffett e Munger sanno esattamente qual è il loro valore e che cosa vogliono dalla vita. “Questo è un dono”, dice Munger. E Buffett annuisce.
Questo articolo è stato pubblicato il 1 luglio 2005 nel numero 597 di Internazionale.
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