Due giorni nella vita di due persone innamorate. Il primo, quando tutto comincia, e l’ultimo, quando ci si lascia. A chi legge, la possibilità di immaginare cosa è successo in mezzo. In questa puntata: Ludovic, 49 anni.
Il primo giorno
“Sono sposato da dodici anni, ho tre figli. Vivo una fase di grandi dubbi, provo spinte contrastanti, sono vittima di me stesso. Sono ancora molto innamorato di mia moglie, eppure accumulo notti insonni e angosce. Mi dico che è colpa del lavoro. Ma sogno uomini, non donne, e ho l’impressione che il mio inconscio stia cercando di dirmi qualcosa, ma non riesco a capire cosa. Cerco di non pensarci, mi rassicuro: non mi sono sposato per convenienza né per necessità e non ho neppure fatto finta. Sento che c’è un problema, ma non so cosa fare.
Pranzo con il mio migliore amico, che è gay. Gli parlo un po’ e poi scoppio a piangere. Mi dice che dovrei andare da uno psicologo. Ma l’idea mi terrorizza, ho paura di aprire un vaso di Pandora. Al tempo stesso mi sento stanco di dover sempre far finta di niente. Così finisco per varcare la soglia dello studio di uno psichiatra. Ho un nodo in gola, la bocca secca, le mani sudate. Racconto cose a caso per 45 minuti. Alla fine lo psicologo, a metà tra il divertito e lo sconfortato, mi dice: ‘Adesso mi dica veramente perché è venuto’. Balbetto qualcosa sul mio orientamento sessuale. ‘Non è affatto grave’, mi rassicura, ‘ne parleremo la prossima volta’. Mi lascia con le mie domande: sono gay? Bisessuale? Devo separarmi da mia moglie?
Cerco di incontrare degli uomini, ho voglia di provare. Vado su dei siti, prendo molte precauzioni. Ma dopo l’incontro mi sento divorato dal senso di colpa. Continuo a essere molto attratto fisicamente da mia moglie. Mi sento del tutto disorientato.
Per lavoro vado a Tolosa per una conferenza sull’acqua e sul risanamento della rete idrica. A pranzo mangiamo a dei grandi tavoli rotondi. Il posto accanto al mio rimane vuoto. Finisco l’antipasto. Quando comincio il primo piatto, lui prende il posto libero. Sento come una scarica elettrica nel petto. È bello, con i capelli scuri, giovane, il mio cuore comincia a battere forte, non ho mai provato una cosa del genere. Indossa un maglione beige che gli dà un’aria da pastore dei Pirenei, che però mette in risalto le sue mani affusolate. Si chiama Antoine. Cominciamo a parlare, di acqua ovviamente. Ci mettiamo d’accordo per incontrarci di nuovo dopo la conferenza, ma io devo prendere un treno, non siamo nella stessa sala e sono costretto a mandargli un messaggio per dirgli che non posso rivederlo.
Nel treno che mi riporta a casa continuo a pensare a lui. Una volta rientrato gli mando un’email molto professionale in cui mi offro di aiutarlo per la sua tesi sull’acqua che sta terminando. Ci mettiamo d’accordo per vederci, ma non ci riusciamo. Ci mandiamo delle mail, ci avviciniamo a piccoli passi cercando di mantenere la relazione in una via di mezzo tra un rapporto professionale e personale. Cerco di farlo parlare della sua vita per avere delle informazioni, un esercizio da equilibrista che mi permette di sapere che è single, che ha 29 anni e non ha figli. Ma a un certo punto mi chiede: ‘Ma perché mi fai tutte queste domande?’. Così, come un giocatore di poker, mostro le mie carte e gli confido di avere forse un’attrazione per gli uomini. Lui mi risponde subito che è gay. Ancora non gli ho detto che penso sempre a lui.
Arriva un lungo fine settimana di vacanza, quello del primo maggio. Il nostro incontro diventa indispensabile. Mia moglie va a Aix-en-Provence con i bambini, mentre io prendo un volo per Montpellier. Andiamo a fare un’escursione nell’Hérault, la giornata è magnifica e non facciamo altro che parlare. La sera, da lui, è tutto piacevole: la cena, il vino, la voglia che ha di baciarmi. M prende per il collo della maglietta, mi chiede se può farlo, provo un amore incredibile. Le ultime dighe cedono. Finalmente mi concedo di amare un uomo.
‘La mattina non voglio più vedere altri occhi che i tuoi’, mi scrive in un messaggio che leggo vicino al binario della stazione. Piango a lungo, ritrovo mia moglie e i miei figli e ripartiamo tutti insieme per Parigi. Le dico tutto: ‘Sono innamorato, ma non di una donna, di un uomo’. Mi aspetto di dover fare le valige, per lei sono momenti molto duri. ‘Dobbiamo trovare una soluzione’, mi risponde, ‘per rimanere insieme il più a lungo possibile’. Il mio psicologo mi dice di fare attenzione con questo genere di storie improvvise. Nel frattempo moltiplico i viaggi nel sud della Francia, ci scriviamo molte lettere. Il piacere della penna che scivola sulla carta…”.
L’ultimo giorno
“Mia moglie soffre molto. Intanto Antoine finisce la sua tesi. L’idea che in questa storia mi sia lasciato un po’ troppo travolgere dagli eventi comincia lentamente a farsi strada nella mia mente. Tuttavia continuiamo ad andare al ristorante e a passare delle notti incredibili in albergo. Mi ricordo di una stanza da cui si vedono i monumenti di Parigi. Il nostro amore ci porta fino a New York, per andarci lascio mia moglie e i miei figli da soli.
Sono pronto a lasciare tutto per andare a vivere con lui nel sud della Francia. Ed è qui che passiamo un ultimo fine settimana prima del mio trasferimento. Siamo su una spiaggia, vicino ai cespugli di ginestrone, è pomeriggio, abbiamo camminato e ora siamo seduti. È inverno, fa un po’ freddo ma ci scaldiamo a vicenda. Parliamo della nostra futura vita insieme, dei miei figli che voglio far venire un fine settimana su due. ‘Ma non ci annoieremo con i tuoi figli?’, mi chiede lui con voce calma. All’avvicinarsi del buio comincio a provare una sensazione di panico: ma come ho potuto sbagliarmi così tanto?
Torno a casa mia a Parigi, lui mi scrive agitato: ‘Che cosa è successo? Che cosa ho detto?’. Io non reagisco. Mi chiama sul telefono fisso e risponde mia moglie. Più mi scrive e più mi allontano. Viene a trovarmi in ufficio. ‘Spiegami per favore’, mi supplica. ‘Non posso fare come se non avessi dei figli’. Ma lui mi conferma quello che ha detto sulla spiaggia, i miei figli sono un problema. ‘Mi dispiace ma se devo scegliere fra te e i miei figli, non ho dubbi’. Il momento è teso, vorrei consolarlo ma è andato troppo oltre. Lo lascio andare via.
Antoine rimarrà la mia storia d’amore più bella. Mi ha aiutato a essere sincero con me stesso e finalmente ho smesso di colpevolizzarmi. Eppure vengo da una famiglia di sinistra, aperta e tollerante, e quando ne ho parlato, tutti sono stati molto disponibili. Non avevo freni familiari o sociali, solo una visione troppo rigida della vita, mi dicevo che non era possibile.
Invece io ero l’unico a sapere dell’omosessualità di Antoine. Non appena manifestavo dell’affetto in pubblico, lui si ritraeva. Ci eravamo comprati degli anelli, ma lui faceva molta fatica a mettere il suo.
Alla fine ho lasciato mia moglie ma siamo rimasti in buoni rapporti. Non mi sono rifatto una vita e neanche lei. Mi innamoro ancora delle persone, ma non di un genere in particolare. Non sento il bisogno di definire la mia sessualità e non ho intenzione di farlo. Antoine invece si è sposato, con una donna, e ha avuto un figlio”.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
Amore che vieni, amore che vai è una serie del quotidiano francese Le Monde che racconta il primo e l’ultimo giorno di una storia d’amore. Qui ci sono tutte le puntate.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it