Se un albero cade nella foresta ma non c’è nessuno che possa sentirlo, fa rumore? Di sicuro avete già sentito questa domanda paradossale, ma voglio proporvi una variante: se è in corso un genocidio ma impedite ai giornalisti stranieri di documentarlo, uccidete i testimoni più importanti e spendete centinaia di milioni di dollari in propaganda, qualcuno si preoccuperà di quel crimine?
Il governo di estrema destra di Israele e i suoi numerosi alleati negli Stati Uniti scommettono che la risposta è “no”. Mentre scrivo, Israele sta radendo al suolo Gaza nell’ultima fase di quello che molti studiosi apprezzati e molte organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno definito un genocidio. Da Gaza arrivano meno immagini di quante dovrebbero, perché l’esercito israeliano non permette ai giornalisti stranieri di entrare nel territorio e ha ucciso molti di quelli che erano attivi sul campo. Ad agosto una troupe di Al Jazeera è stata presa di mira di proposito dalle forze israeliane.
La natura odia i vuoti, ma i propagandisti li adorano. Mentre Gaza brucia e qualsiasi testimonianza diretta è deliberatamente ostacolata, gli esperti di pubbliche relazioni e marketing delle multinazionali riscrivono la storia in tempo reale. All’inizio del mese Drop Site News, un’organizzazione che ha svolto un lavoro essenziale su Gaza, ha riferito che la società di sondaggi statunitense Stagwell Global fondata da Mark Penn ha ricevuto un incarico dal ministero degli esteri israeliano: aiutare Israele a rifarsi un’immagine.
Mark Penn, per chi non lo sapesse, è il sondaggista che ha contribuito alla rielezione di Bill Clinton nel 1996 e che successivamente ha aiutato Hillary Clinton a perdere contro Barack Obama alle primarie del 2008, con una strategia basata su una combinazione di arroganza e stereotipi razzisti. “La destra sa che Obama è ineleggibile. Forse vincerebbe solo contro Attila”, scriveva Penn in un promemoria per la campagna elettorale, in cui tra l’altro aveva proposto di insinuare che Obama non fosse statunitense (la Stagwell ha detto ad Adweek che l’attività in Israele è svolta da “una squadra ridotta” e che le agenzie lavorano “su un ampio spettro di politiche e temi”. La settimana scorsa un portavoce ha dichiarato a PRWeek che il lavoro era un “progetto specifico con un programma limitato” ed era terminato).
Secondo Drop Site l’analisi fatta dalla società di Penn ha stabilito che Israele ha buone possibilità di far dimenticare quella cosa da nulla del genocidio, a patto che riesca ad alimentare la paura dell’“Islam radicale” e del “jihadismo”. “Soprattutto quando la situazione a Gaza si sarà risolta, il margine di miglioramento dell’immagine di Israele sarà significativo in tutti i paesi del mondo”, si legge nel rapporto.
In poche parole, se riesci a convincere le persone che i bambini sono terroristi, nessuno alzerà un dito quando li ucciderai (se leggerete il rapporto, vi consiglio di dare un’occhiata anche all’analisi giuridica fatta da una commissione indipendente delle Nazioni Unite che accusa Israele di genocidio. Ecco un passaggio: “Le forze di sicurezza israeliana hanno sparato sui civili uccidendoli, compresi bambini che sventolavano bandiere bianche improvvisate. Alcuni bambini, inclusi vari neonati, sono stati uccisi dai cecchini con colpi alla testa”).
Inondare il dibattito
Una volta costruito l’impianto per negare il genocidio, le società di marketing hanno bisogno di bot per diffonderlo. La settimana scorsa Sludge News ha rivelato che la Skdk, di proprietà della Stagwell Global, ha firmato un contratto da 600mila dollari per mettere in atto un “programma a base di bot”, con l’obiettivo di amplificare la versione dei fatti favorevole a Israele su Instagram, TikTok, LinkedIn, YouTube e altre piattaforme.
La Skdk, che ha tra i fondatori Anita Dunn (consulente di Joe Biden) ed è stata registrata all’inizio dell’anno come agente straniero di Israele, ha presentato una strategia per “inondare il dibattito pubblico” con messaggi a favore di Israele.
Per ora non è chiaro fino a che punto il dibattito sia stato inondato, ma la settimana scorsa Politico ha riferito che la Skdk sostiene di aver interrotto la sua attività a favore di Israele e di aver avviato il processo di “de-registrazione” come agente straniero. La Skdk e la Stagwell hanno dichiarato di non avere usato bot e di aver lavorato solo alle “relazioni con i mezzi d’informazione”.
Secondo Zoe Scaman, esperta di marketing che ha parlato apertamente della Stagwell, la propaganda a favore di Israele sta già funzionando. “La strategia di inondare il dibattito è efficace perché non ha bisogno di convincere le persone che il genocidio è una buona cosa. Basta seminare dubbi su quello che viene mostrato o fare in modo che le persone si stanchino di pensarci”, mi ha spiegato Scaman. “Guardate come sono riusciti a far passare per estremista chi si oppone al massacro dei bambini. La propaganda non serve solo a cambiare le idee, ma anche a distruggere i meccanismi che processano le informazioni morali. Quando la realtà viene contestata energicamente, le uccisioni sistematiche diventano un tema di dissenso politico come un altro”.
In questo contesto è importante sottolineare che l’attività della Stagwell costituisce soltanto una piccola parte dello sforzo di Israele per normalizzare il genocidio. L’anno scorso il Times of Israel ha annunciato che il ministero degli esteri israeliano aveva ottenuto altri 150 milioni di dollari per influenzare l’opinione pubblica. Secondo il Times, l’aumento dei fondi per l’hasbara sarebbe stato “usato per condizionare la stampa straniera e i social media”.
Questa abbondanza di risorse sembra quasi superflua, considerando che Israele non deve impegnarsi troppo per assicurarsi che i mezzi d’informazione e la classe politica degli Stati Uniti trasmettano il suo messaggio.
Il 7 ottobre 2023 Hamas ha commesso delle atrocità documentate, ma una delle argomentazioni più forti per produrre consenso e giustificare il genocidio è stata la tesi (abbondantemente smentita) secondo cui l’organizzazione islamista avrebbe decapitato quaranta bambini.
Di solito i giornalisti e i politici verificano attentamente le notizie così incendiarie. Di sicuro se oggi una testata palestinese sostenesse che i soldati israeliani hanno decapitato quaranta bambini, la notizia verrebbe controllata fino allo sfinimento prima di essere pubblicata, e anche in quel caso probabilmente sarebbe relegata nella sezione “opinioni”. La bugia sui bambini israeliani decapitati, invece, è stata ripetuta da personaggi del calibro di Joe Biden e della giornalista della Cnn Sara Sidner.
In seguito Sidner si è scusata di non aver misurato le parole, mentre la Casa Bianca ha smentito le dichiarazioni di Biden. Ma altri giornalisti non hanno fatto nessuna rettifica. Sul profilo X della corrispondente della Cbs Norah O’Donnell c’è ancora un tweet pubblicato il 10 ottobre, che dice: “@CBSNews ha appreso che le squadre israeliane per il recupero dei corpi hanno trovato bambini decapitati nei kibbutz del sud di Israele”. Ho inviato un’email all’ufficio comunicazione della CBS chiedendo perché continuino a diffondere questa notizia falsa. Nessuno mi ha mai risposto.
CBS News è di proprietà della Paramount Global, che non ha mai nascosto la sua posizione di totale sostegno a Israele. La Paramount sta comprando la Free Press di Bari Weiss, che ha costantemente sminuito il genocidio a Gaza e ha dato il suo sostegno incondizionato a Israele. Il prezzo della vendita è compreso tra cento e duecento milioni di euro. Weiss, a quanto pare, avrà il compito di “guidare la direzione editoriale di Cbs News”. Secondo il Financial Times, Weiss si è guadagnata la simpatia del proprietario della Cbs David Ellison “grazie alla sua posizione a favore di Israele”.
Erano tutti contro
David Ellison è figlio di Larry Ellison, il miliardario che gestisce l’azienda tecnologica Oracle e che nel 2017 ha versato 16,6 milioni nelle casse dell’organizzazione Amici delle Forze di difesa israeliane (Fidf), la più consistente donazione nella storia della Fidf.
La Oracle fa parte di un consorzio di aziende che sta cercando di rilevare TikTok. Se dovesse riuscirci, è facile immaginare che l’algoritmo di TikTok potrebbe essere modificato a favore di Israele. Tra l’altro uno dei motivi per cui TikTok è stato messo in vendita è che a molti parlamentari statunitensi non piacevano i messaggi di sostegno alla Palestina che circolavano sulla piattaforma.
Il senatore repubblicano Mitt Romney ha fatto esplicitamente riferimento a questo argomento parlando del “sostegno schiacciante” per la proposta di chiudere TikTok. Del resto inondare il dibattito di propaganda è molto più facile se hai anche la possibilità di controllare le piattaforme in cui si svolge dibattito.
A lavorare senza sosta per riabilitare l’immagine d’Israele non sono solo i giornali. Se siete statunitensi, è molto probabile che tra i suoi sostenitori ci siano anche i vostri parlamentari. Duecentocinquanta politici eletti nei parlamenti statali hanno appena visitato Israele per la conferenza 50 states, one Israel. Non so come la pensiate voi, ma personalmente preferirei che chi mi rappresenta facesse qualcosa di utile per migliorare l’istruzione pubblica e la sanità negli Stati Uniti, invece di fare gite propagandistiche all’estero.
“Un giorno, quando sarà sicuro, quando non ci sarà alcun rischio personale nel chiamare le cose con il loro nome, quando sarà troppo tardi per ritenere qualcuno responsabile, tutti diranno di essere stati contro”, ha detto lo scrittore Omar el Akkad alla fine di ottobre del 2023.
Quella frase, che è anche il titolo di un suo libro, è diventata virale perché ha incarnato qualcosa in cui tutti vogliamo credere disperatamente: che anche se oggi non c’è nessuna giustizia, forse un giorno la verità verrà fuori. Un giorno forse qualcuno dovrà rendere conto. Ma anche se so che è importante non perdere la speranza, faccio sempre più fatica a restare ottimista sul fatto che un giorno tutti diranno di essere sempre stati contro. Per ora mi sembra molto più probabile che un giorno tutto questo sarà stato rimosso spendendo una montagna di soldi.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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