Il 2 settembre il presidente degli Stati Uniti ha affermato che i militari statunitensi hanno ucciso undici trafficanti di droga venezuelani, e ha pubblicato il video di un attacco a un motoscafo avvenuto, sostengono le autorità statunitensi, in acque internazionali nel mare dei Caraibi. L’amministrazione non ha fornito alcuna prova che sulla barca ci fossero degli affiliati alla rete criminale Tren de Aragua o un carico di droga, e ha fornito resoconti contraddittori su dove fosse diretta.

Ha anche avvertito che non sarebbe finita lì, mentre il segretario di stato Marco Rubio ha dichiarato che intercettare le barche dei trafficanti non ha risolto il problema: “Per fermarli bisogna farli saltare in aria”. All’inizio di quest’anno, Trump ha ordinato in segreto di usare la forza militare contro i cartelli internazionali del narcotraffico.

Con le navi da guerra statunitensi che pattugliano le coste del Venezuela – e i caccia F35 inviati a Puerto Rico – alcuni temono che stia cercando il pretesto per un intervento disastroso, come ha suggerito il presidente venezuelano, Nicolás Maduro. Oppure spera di innervosire gli altri rappresentanti del regime fino a costringerli a spodestare Maduro o vuole spingere questo a fuggire, due vecchi sogni di Washington. Gli Stati Uniti hanno già offerto una taglia di 50 milioni di dollari per l’arresto del leader venezuelano. Nella migliore delle ipotesi, potrebbe essere tutto un teatrino politico, in cui Maduro e Trump recitano per i loro elettori.

Ma se l’obiettivo è davvero fermare il traffico di droga, questa campagna è pericolosa e fuorviante. Come l’aver rinominato il dipartimento della difesa statunitense “dipartimento della guerra”, è il risultato della passione di Trump per gli atteggiamenti machisti. Stabilisce però un precedente per la possibilità che le autorità statunitensi ordinino attacchi militari contro chi vogliono, senza l’approvazione del congresso e senza un mandato delle Nazioni Unite, semplicemente dichiarando che il bersaglio è “in guerra”.

Esecuzioni sommarie

L’amministrazione Obama aveva già allargato qualsiasi definizione plausibile dei concetti di autodifesa e minaccia imminente usando la vaga etichetta di “guerra al terrorismo” per una serie di omicidi commessi con i droni in cui furono uccisi anche cittadini statunitensi lontano dai campi di battaglia. Nonostante l’alto numero di vittime civili e la scarsa trasparenza, quella campagna ebbe purtroppo poche conseguenze politiche.

L’amministrazione Trump è andata perfino oltre. In America Latina, le organizzazioni criminali si stanno allargando e radicando, devastando le comunità locali. Ma parlare arbitrariamente di terrorismo è chiaramente un’assurdità.

Le esecuzioni extragiudiziali di questo tipo sono sempre sbagliate. Gli autori di reati che in un processo non rischierebbero la pena di morte vengono uccisi senza un giusto processo. Anche gli innocenti inevitabilmente possono finire tra le vittime. Tra le migliaia di persone rimaste uccise nella “guerra alla droga” di Rodrigo Duterte nelle Filippine, ci sono stati molti bambini. L’ex presidente è ora in attesa di giudizio per crimini contro l’umanità alla Corte penale internazionale.

Le esecuzioni sommarie per di più sono controproducenti. Rendono più difficile la raccolta di informazioni ed eventuali attacchi in territorio straniero renderebbero gli altri governi meno disposti a cooperare con gli Stati Uniti, a causa dei possibili contraccolpi interni, soprattutto in Messico. Questo non solo ostacolerebbe la lotta al traffico di droga, ma anche i tentativi di Trump di frenare l’immigrazione.

Per affrontare la devastante epidemia di fentanyl, gli Stati Uniti devono in ultima analisi ridurre la domanda: un compito immenso, perché significa risolvere i problemi che hanno prodotto questa crisi, oltre alle dipendenze già radicate. Nel frattempo, un’azione estremamente mirata e misure economiche sarebbero più efficaci che uccidere pochi affiliati di un cartello di trafficanti. Ma soprattutto, l’amministrazione dovrebbe arginare il flusso di armi statunitensi che hanno ulteriormente alimentato la violenza in Messico e altrove.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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