I sudafricani non hanno mai scommesso così tanto. Secondo il Consiglio nazionale sul gioco d’azzardo, nel 2024 il settore ha generato 75 miliardi di rand (circa 3,7 miliardi di euro) di profitti, più della metà dalle scommesse online.

Queste attività hanno superato i casinò come principale forma di gioco d’azzardo. Tra chi scommette ci sono i cittadini a cui sono destinati gli assegni sociali, persone che spesso ricorrono a quei pochi soldi nella speranza di sfuggire alla povertà. Il direttore generale del Consiglio nazionale ha chiesto al parlamento sudafricano di dichiarare il gioco d’azzardo illegale un “crimine da affrontare con la massima priorità”. Il problema, però, non sta tanto nel crimine, ma in ciò che questa dipendenza ci rivela sull’economia globale.

Il mercato stesso in fondo è una grande macchina delle scommesse, basata sull’idea che il denaro possa produrre altro denaro

Un sondaggio dell’istituto GeoPoll riferito al 2025 ha rilevato che l’83 per cento dei sudafricani – la percentuale più alta del continente – ha scommesso almeno una volta. La maggior parte di loro sono persone disoccupate, lavoratori autonomi o studenti. La stessa tendenza si conferma anche altrove: nel Regno Unito ormai ci sono più app di scommesse che filiali dei centri per l’impiego; negli Stati Uniti le scommesse sportive sono state legalizzate in circa quaranta stati, mentre in Asia e in America Latina i casinò digitali operano con scarsi controlli attraverso server situati in altri paesi. Questo è il nuovo linguaggio comune del capitalismo: il rischio, che si fa ludico e globalizzato.

In una società in cui il lavoro scarseggia e gli stipendi ristagnano, la scommessa diventa un atto razionale. Quando uno sforzo costante non garantisce più una remunerazione, la logica del gioco d’azzardo sembra quasi ragionevole. Quello che una volta era un passatempo si è trasformato in uno stile di vita.

Il calcio, lo sport più popolare al mondo, è diventato uno dei principali veicoli di questo processo. Basta guardare una partita della Premier league inglese per notare quanto sono diventate onnipresenti le pubblicità del gioco d’azzardo. In Africa aziende come 1xBet hanno firmato accordi per sponsorizzare i principali tornei della Caf (Confederazione africana di calcio) facendo in modo che i loghi delle piattaforme ora compaiano sulle panchine dei giocatori, sui cartelloni pubblicitari degli stadi e sui social media ufficiali. Guardare una partita, ovunque, significa entrare nel mercato delle quotazioni.

Questa saturazione d’immagini non è un fatto culturale accidentale, ma un sintomo del passaggio dell’economia dalla produzione alla speculazione. L’ideale del lavoro come mezzo per migliorare la propria condizione, che una volta era al centro del contratto sociale, ha lasciato il posto alla filosofia del rischio. La lotteria, il casinò e l’app di trading si basano tutti sulla convinzione che la fortuna può sostituirsi alla struttura. Come ha scritto il sociologo britannico Colin Crouch a proposito delle economie post-industriali, il capitalismo oggi dipende meno da quello che le persone fanno e più da quello che possono essere convinte a rischiare. Il mercato stesso in fondo è una grande macchina delle scommesse, basata sull’idea che il denaro possa produrre altro denaro semplicemente circolando. Il giocatore d’azzardo e l’investitore hanno in comune la stessa metafisica della fortuna.

Quello che contraddistingue il presente è l’infrastruttura tecnologica che rende l’estrazione costante. Matt Zarb-Cousin, ex portavoce di Jeremy Corbyn e attivista contro gli abusi dell’industria del gioco d’azzardo, ha detto che lo smartphone ha trasformato le tasche di ognuno in un casinò. Le società di scommesse monitorano il comportamento degli utenti in tempo reale, raccogliendo dati per confezionare stimoli su misura e far interagire gli scommettitori. Le piattaforme straniere con sede in paradisi fiscali come Curaçao convogliano i profitti in altri paesi, lasciandosi alle spalle il danno sociale. È un modello di accumulazione adatto a un mondo in cui la produzione rende poco e la speculazione molto. Le leggi sul gioco d’azzardo in Sudafrica si sono dimostrate inefficaci.

Per la maggior parte delle persone il futuro non arriva più dal lavoro, dall’istruzione o dalla politica, ma dalla fortuna è successo il 6 gennaio a Washington bisogna ricordare un’altra terribile giornata: l’11 settembre

Le scommesse sportive e le criptovalute sono parte della stessa economia. Entrambe promettono accesso alla ricchezza tramite la partecipazione al rischio; entrambe dissolvono il confine tra investimento e dipendenza. In Kenya e in Nigeria le piattaforme di tecnofinanza pubblicizzano il commercio di criptovalute come “inclusione finanziaria”. In Sudafrica sui social media proliferano gruppi incentrati sul “trading di valute”, che vendono l’illusione della competenza in un mercato in cui in pochi possono permettersi di perdere.

L’Australia offre un confronto che deve far riflettere. Nel paese i tornei sportivi, i mezzi d’informazione e le aziende di scommesse si sono fuse in quello che un giornalista definisce un “complesso industriale-commerciale dell’azzardo”. Le pubblicità saturano ogni schermo; la dipendenza finanzia lo sport giovanile; le riforme politiche sono ostacolate dai proventi del gioco, che reggono i bilanci pubblici. Il risultato è una cultura in cui scommettere non è più un’attività di svago, ma un’infrastruttura nazionale. Il Sudafrica sta seguendo una traiettoria simile, ma in condizioni più desolanti: meno ricchezza da perdere, più disperazione da sfruttare.

La seduzione sta nel denaro, ma anche nel significato: un senso di controllo in sistemi pensati per escludere.

Per questo il gioco d’azzardo ci dice anche qualcosa sulla vita morale del neoliberismo. La sua attrattiva non sta solo nella prospettiva del guadagno ma nell’esperienza dell’essere protagonisti. Piazzare un’offerta di trading o una scommessa vuol dire agire, e dominare per un momento l’incertezza.

La piccola illusione di controllo è importante in una società che ha reso la maggior parte delle persone spettatrici del proprio declino.

La fiducia del singolo giocatore nel fatto che il prossimo giro sarà molto diverso è un riflesso della fiducia del cittadino nelle prossime elezioni: entrambe si fondano sulla fragile speranza che il sistema, per quanto truccato, preveda ancora una possibilità di redenzione e che sarai tu il primo a mettere le mani sulla grande fortuna (non è una coincidenza se anche il cristianesimo evangelico, con il suo vangelo della prosperità, sta riscuotendo un nuovo interesse).

La globalizzazione del gioco d’azzardo dunque esprime un più ampio tracollo del patto lavoro-ricompensa. Per la maggior parte delle persone il futuro non arriva più dal lavoro, dall’istruzione o dalla politica, ma dalla fortuna. Anche i governi hanno imparato a dipendere da questo ribaltamento: il Sudafrica ha incassato quasi sei miliardi di rand in tasse sul gioco d’azzardo nel 2024, mentre le lotterie pubbliche in Europa e negli Stati Uniti oggi finanziano in parte istruzione e infrastrutture. Più i cittadini giocano per sopravvivere, più lo stato sembra capace di sostenersi.

Il banco vince sempre, e sempre più spesso il banco è lo stato. Nel linguaggio dello sviluppo questa si chiama inclusione. In realtà mostra come si ricava valore dalla disperazione. L’occidente post-industriale e il sud post-coloniale stanno convergendo sullo stesso modello: economie costruite non sulla produzione ma sulla monetizzazione della volatilità. L’illusione liberale dei mercati liberi si è ridotta alla sua forma più pura: un sistema in cui ogni decisione, ogni clic e ogni sogno portano con sé una scommessa implicita.

Nulla di tutto questo può essere ridotto a una questione di debolezza individuale o di fallimento morale. È un adattamento strutturale alla stagnazione economica e alla privatizzazione della speranza. Più lo stato dipende dalle loro perdite al gioco, meno diventa capace di offrire alternative.

Un’economia politica che prospera sulla circolazione della disperazione non può rinnovarsi. Il gioco d’azzardo offre un’immagine del capitalismo nella sua versione più essenziale: un sistema in cui tanti devono perdere per far vincere pochi. Il sistema, però, si fonda sulla continua partecipazione di tutti. Le leggi possono attenuare i danni, ma non alterare la logica di fondo.

L’unica alternativa sarebbe quella di ricostruire un’economia in cui la prosperità non è una questione di fortuna e in cui il futuro non è qualcosa che si può comprare. ◆ fdl

Questo articolo è uscito sul giornale online Africa is a Country.

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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 44. Compra questo numero | Abbonati