◆ “Lo stato di diritto in Ungheria è inesistente, ecco perché oggi difendiamo l’immunità di Peter Magyar, Klara Dobrev e, naturalmente, di Ilaria Salis. Ci opponiamo alla persecuzione politica. Dobbiamo difendere la democrazia che per sua natura è antifascista”, ha dichiarato il parlamentare europeo Martin Schirdewan a poche ore dal voto il cui esito, scandalosamente risicato, è stato deciso più che altro dal caos. Nelle stesse ore, quelle in cui scrivo, tra i favoriti al Nobel per la letteratura c’è László Krasznahorkai, scrittore di un’altra Ungheria, quella messa su pellicola dai magnifici film di Bela Tarr. Il loro sodalizio artistico ha prodotto capolavori di un cinema fuori norma come Sátántangó e Le armonie di Werckmeister , tratto da Melancolia della resistenza . Nella lentezza delle inquadrature scorre la stessa sostanza di questa scrittura incredibile, un flusso unico, una colata senza interruzioni di punteggiatura, una massa densa e inesplicabile di vita, dove l’unico ordine è quello del silenzio della dittatura, in un magma che procede fino alla scomposizione biologica finale. Le pagine che concludono il libro descrivono con una minuzia che sfiora la magnificenza gli operai della distruzione una volta liberati delle loro catene. In quella liberazione c’è tutta la melancolia della resistenza che opponiamo alle forze del caos, nei ristagni delle nostre vite, sulla soglia del nulla.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1635 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati