Donald Trump ha riaperto la discussione sul petrolio russo: vuole sanzionare i paesi che, come l’India e la Cina, continuano a comprarlo, e chiede agli alleati di fare lo stesso. Il danno per la Russia sarebbe notevole, ma la situazione è molto diversa rispetto al 2022, quando il greggio russo era cruciale per l’economia mondiale. L’Agenzia internazionale per l’energia stima per il 2026 una domanda di 104,6 milioni di barili al giorno e un’offerta di 108. Quindi ci sarà più petrolio sul mercato di quello che possiamo consumare. La Russia oggi esporta 4,7 milioni di barili al giorno, quasi tutti verso l’India e la Cina. Anche se fossero tolti dal mercato, non ci sarebbero penuria o effetti sui prezzi, grazie anche all’Arabia Saudita, che vuole compiacere la Casa Bianca con una produzione sufficiente a tenere basso il costo della benzina. In Europa, solo l’Ungheria e la Slovacchia continuano a comprare petrolio russo, mentre altri paesi restano dipendenti dal gas naturale liquefatto. Insomma, sanzionare gli acquirenti di petrolio russo causerebbe pochi danni in Europa e sul mercato. Il problema è che la Cina e l’India possono vendicarsi in modi molto dolorosi: i cittadini statunitensi ed europei sono disposti a subire seri danni economici per colpire Putin nel suo punto debole? Finora la risposta è stata negativa. ◆
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1632 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati