María Corina Machado, vincitrice del premio Nobel per la pace, è una convinta sostenitrice dell’aumento della presenza militare statunitense nei Caraibi voluta da Donald Trump. Pensando, proprio come Trump, che il leader autocratico del Venezuela Nicolás Maduro rappresenti un’enorme minaccia per la sicurezza della regione.

“L’obiettivo è salvare vite umane”, ha detto Machado a Fox News il mese scorso, dopo che gli Stati Uniti avevano cominciato a bombardare le imbarcazioni sospettate di trasportare droga nel mare dei Caraibi. “Non solo le vite dei venezuelani, ma anche quelle degli statunitensi perché, come sappiamo, Maduro è a capo di una struttura terrorista dedita al narcotraffico”.

In una serie di dichiarazioni rilasciate ai giornalisti nelle ultime settimane, Machado ha sostenuto che nel caso il regime di Maduro cadesse, il suo partito sarebbe pronto ad assumere la guida del Venezuela, e ha messo a punto un piano per gestire le prime cento ore e i primi cento giorni della transizione.

La leader dell’opposizione venezuelana ha inoltre accennato a un progetto economico per attrarre gli investitori internazionali (compresi quelli statunitensi), sottolineando che un Venezuela democratico governato dal suo partito potrebbe dar vita a una crescita pari a 1.700 miliardi nell’arco di 15 anni.

Da settembre l’amministrazione Trump prende di mira quelle che definisce “barche della droga” nel mare dei Caraibi. Tuttavia, l’aumento della presenza militare nella regione e le minacce sempre più aggressive di Trump nei confronti di Maduro alimentano il sospetto, sia negli Stati Uniti sia in Venezuela, che l’obiettivo reale di Washington sia quello di rimuovere il presidente venezuelano, anche con la forza. Machado ha evitato di esprimersi sulla possibilità che la rimozione di Maduro avvenga attraverso un intervento dell’esercito statunitense.

In un’intervista rilasciata il mese scorso, il consulente di Machado per gli affari interni, Pedro Urruchurtu, ha rivelato che l’opposizione stava discutendo con l’amministrazione Trump i piani per far cadere il presidente. Secondo Urruchurtu, la strategia dell’opposizione comprende anche una manovra di persuasione nei confronti degli altri governi, compreso quello degli Stati Uniti, affinché intraprendano azioni diplomatiche, finanziarie, legali e d’intelligence contro Maduro. Il consulente ha però precisato che “bisogna usare la forza, perché altrimenti non sarebbe possibile sconfiggere il regime”.

Il partito di Machado, Vente Venezuela, ha rilanciato online le minacce dei funzionari dell’amministrazione Trump contro i narcotrafficanti venezuelani. “Chiunque, a nord del Venezuela, nel mare dei Caraibi, trasporti droga verso gli Stati Uniti è un obiettivo legittimo di Washington”, ha scritto un portavoce di Vente Venezuela su X, riprendendo una dichiarazione rilasciata dal segretario alla difesa degli Stati Uniti, Pete Hegseth.

Una speranza

Negli ultimi dieci anni, mentre l’economia del Venezuela crollava, le forze di sicurezza di Maduro avevano represso i nemici politici del regime, indebolendo l’opposizione. Molti venezuelani avevano perso la speranza in un cambiamento politico, fino a quando sulla scena politica è comparsa Machado, capace di mobilitare gli elettori attorno all’obiettivo comune di ripristinare la democrazia e riunire le famiglie divise dall’emigrazione.

Ex parlamentare conservatrice e avversaria del partito socialista al governo, Machado ha evitato di puntare su un approccio ideologico all’economia, concentrandosi invece sugli elementi che uniscono i venezuelani: il dolore delle separazioni familiari e la perdita della libertà.

Quando il governo ha proibito la sua candidatura alle elezioni del luglio 2024, Machado è stata sostituita da Edmundo González. Nonostante gli attacchi continui durante la campagna elettorale e l’arresto di molti sostenitori di Vente Venezuela, Machado ha girato il paese in lungo e in largo, convincendo milioni di persone a votare.

Dopo la vittoria dichiarata da Maduro, Vente Venezuela ha raccolto migliaia di registri elettorali nei seggi, pubblicandoli online. Il partito ha affermato che i documenti mostravano una vittoria schiacciante dell’opposizione, una tesi confermata dal Carter center, un’organizzazione indipendente che si occupa di monitorare lo svolgimento delle elezioni.

Il voto ha rappresentato la più netta bocciatura del regime nato 25 anni anni fa con il predecessore di Maduro, Hugo Chávez.

Machado non ha avuto alcuna possibilità di far rispettare il risultato delle elezioni, anche perché l’esercito si è immediatamente schierato dalla parte di Maduro. Quando migliaia di sostenitori di Vente Venezuela sono scesi in piazza, la repressione del governo ha provocato almeno venti morti e l’arresto di più di duemila persone. La protesta si è spenta rapidamente e Machado si è rifugiata in una località segreta all’interno del paese. González, invece, è fuggito in Spagna.

L’elezione di Trump, che già durante il suo primo mandato aveva cercato di forzare l’uscita di scena di Maduro, ha segnato un momento di svolta. Subito dopo la sua vittoria, Machado ha cercato di convincere i suoi alleati che il presidente statunitense questa volta avrebbe potuto rimuovere Maduro.

In una serie di interviste concesse l’anno scorso al New York Times, Machado aveva dichiarato che il Venezuela offriva a Trump la possibilità di ottenere “in pochissimo tempo una grande vittoria in politica estera”. Machado ha sostenuto che Maduro fosse molto debole e che una campagna di pressione adeguata avrebbe permesso a Trump di costringerlo a riconoscere i risultati delle elezioni del 2024 prima di lasciare il paese.

La leader dell’opposizione ha contatti stretti con Washington da più di vent’anni. Dopo aver ricevuto aiuti finanziari dal governo statunitense per un’associazione impegnata nella difesa del diritto di voto, fondata all’inizio degli anni duemila, nel 2005 ha incontrato il presidente George W. Bush alla Casa Bianca. Machado dice inoltre di conoscere Marco Rubio, segretario di stato americano, da più di dieci anni.

In un primo momento erano emersi forti dubbi sulla possibilità che Trump si concentrasse sul Venezuela e sulle richieste di aiuto di Machado, soprattutto considerando che nei primi mesi della sua amministrazione gli Stati Uniti avevano tentato di recuperare i rapporti con il governo Maduro. Un inviato speciale nominato da Trump, Richard Grenell, aveva sorpreso la comunità internazionale visitando Caracas, stringendo la mano al presidente e avviando un negoziato economico e diplomatico con il regime.

Ma ad agosto la situazione è cambiata improvvisamente. L’amministrazione Trump ha cominciato a inviare navi da guerra nel mare dei Caraibi, sostenendo che Maduro fosse a capo di un’organizzazione terrorista che inondava gli Stati Uniti di droga, anche se solo l’8 per cento della cocaina che raggiunge il paese (e una quantità irrilevante di fentanyl) passa dal Venezuela.

Trump ha ordinato una serie di attacchi contro delle imbarcazioni nel mare dei Caraibi e ha invitato Grenell a interrompere il negoziato con il Venezuela.

Poco dopo l’inizio dei bombardamenti statunitensi contro le barche al largo della costa venezuelana, Machado ha dichiarato a Fox News che Maduro stava “finalmente capendo che il tempo dell’impunità” era “finito” e che era nel suo interesse “prendere atto della volontà popolare e lasciare il paese”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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