Come nel suo primo mandato, Donald Trump ha cominciato una guerra commerciale con la Cina e poi ha siglato un accordo con Xi Jinping. La guerra commerciale del 2019 e la tregua del 2020 hanno lasciato in eredità politiche protezionistiche che l’amministrazione Biden ha di fatto confermato.

Anche l’escalation tariffaria cominciata con il “liberation day” avrà conseguenze durature. Il 2 aprile Trump ha annunciato dazi contro tutti i paesi del mondo con cui gli Stati Uniti commerciano (esclusa la Russia); una settimana dopo li ha sospesi, con l’eccezione della Cina; Pechino ha risposto e gli Stati Uniti hanno contro-risposto.

Così l’isolazionismo trumpiano è diventato solo un brusco distacco dall’economia cinese, insostenibile per molte aziende, a cominciare da quelle della Silicon valley. La pausa nella guerra annunciata il 12 maggio, però, durerà solo novanta giorni e lascia in vigore molte barriere: i dazi aggiuntivi statunitensi scendono dal 145 al 30 per cento, quelli cinesi dal 125 al 10 per cento.

I mercati esultano, ma il problema di fondo resta: Trump sta frantumando l’economia mondiale senza alcuna logica; prevedere il futuro è impossibile, gli investimenti sono troppo rischiosi; l’unica certezza potrebbe essere la recessione degli Stati Uniti. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1614 di Internazionale, a pagina 97. Compra questo numero | Abbonati