Gli indigeni himba della Namibia riescono a vedere oltre le illusioni ottiche che traggono in inganno gli statunitensi e i britannici. Anche quando non c’è un modo giusto o sbagliato d’interpretare un’immagine, spesso gli himba vedono qualcosa di molto diverso rispetto a chi vive nelle società industrializzate, suggerisce un nuovo studio in attesa di pubblicazione. Questo potrebbe significare che la visione è influenzata dall’ambiente circostante, una teoria antica ma controversa che contraddice il modo in cui di solito è studiata la percezione umana.

Per esempio, davanti a una griglia di linee dritte che formano sia rettangoli sia cerchi – un’illusione ottica nota come “illusione del forziere” – i volontari negli Stati Uniti e nel Regno Unito vedono quasi sempre prima i rettangoli e spesso faticano a vedere i cerchi. Per i ricercatori questo potrebbe essere dovuto al fatto che sono circondati da un’architettura squadrata. I villaggi tradizionali degli himba, invece, sono composti da capanne rotonde disposte intorno a un recinto per il bestiame circolare. Le persone che ci vivono vedono quasi sempre prima i cerchi, e circa la metà non vede i rettangoli neppure se sollecitata.

“Mi sorprende che non vediate i cerchi”, ha detto Uapwanawa Muhenije, una himba di un villaggio della Namibia settentrionale intervistata su Zoom con l’aiuto di un interprete. “Mi chiedo come sia possibile”. Muhenije non è stata coinvolta nello studio perché il suo villaggio è meno isolato e, oltre alle capanne rotonde, ha anche strutture squadrate. Nell’illusione del forziere è in grado di vedere facilmente entrambe le forme.

Sebbene la ricerca abbia riscontrato grosse differenze nel modo in cui le persone vedono quattro illusioni, “l’esperimento che colpisce di più è questo”, spiega Jules Davidoff, psicologo della University of London che non ha preso parte alla ricerca. “Ci sono altre sorprendenti differenze culturali nella percezione, ma quella emersa qui è davvero eccezionale”. I risultati, pubblicati a febbraio in forma di preprint sul sito PsyArXiv, sono stati da poco aggiornati.

Visione a strati

Gli scienziati documentano le differenze della percezione delle illusioni ottiche in tutto il mondo da più di un secolo, ma gli esempi passati si basavano su appena tre tipi elementari di illusione e i ricercatori non sono d’accordo sul loro significato. Alcuni hanno liquidato le differenze culturali ritenendole prodotti di funzioni cerebrali superiori come l’attenzione, stratificate su un sistema visivo più profondo e universale. Per altri le funzioni profonde sono influenzate anche dall’esperienza, mentre altri ancora rifiutano l’idea che la vista funzioni secondo una stratificazione gerarchica.

E nonostante molti antropologi e psicologi abbiano accettato da tempo l’idea che cultura e ambiente intervengono sulla vista, l’importanza di questi due aspetti stenta a essere riconosciuta dagli studiosi della scienza della visione, che raramente coinvolgono nelle loro ricerche persone di altre culture, sostiene Joseph Henrich, esperto di evoluzione sociale di Harvard che non ha preso parte al nuovo studio (anche se tre degli autori lavoravano nel suo laboratorio).

Ivan Kroupin e Michael Muthukrish­na, psicologi della London school of economics, si sono addentrati in questo ambito controverso con sei illusioni, cinque delle quali non erano mai state usate in uno studio interculturale. La maggior parte delle immagini scelte non è influenzata dall’attenzione cosciente, per cui è più probabile che coinvolgano parti del sistema visivo spesso ritenute universali.

Gli psicologi hanno mostrato le immagini a persone che vivono in tre realtà diverse: Stati Uniti e Regno Unito, che rappresentano gli ambienti occidentali industrializzati, i villaggi degli himba e una cittadina della Namibia. I partecipanti del primo gruppo hanno fornito le risposte tramite un sondaggio online. In Namibia, invece, Kroupin ha posto le domande di persona nel laboratorio che coordina con la coautrice Helen E. Davis, antropologa della Arizona state university.

Convergenze parallele

In quattro delle sei illusioni ottiche mostrate gli himba hanno visto cose diversissime rispetto agli statunitensi e ai britannici, mentre gli abitanti della cittadina namibiana sono risultati una via di mezzo. In un’immagine, per esempio, c’erano delle linee ondulate che sembrano a zig zag, mentre in un’altra c’erano delle linee parallele che sembrano tangenti. La maggior parte degli abitanti dei villaggi ha visto entrambi i tipi di immagini come sono davvero, senza farsi trarre in inganno dal disegno e dalle ombreggiature che mandano fuori strada buona parte degli abitanti delle società industrializzate. Nell’illusione del forziere il 97 per cento dei partecipanti di Stati Uniti e Regno Unito ha visto prima i rettangoli, mentre il 96 per cento degli himba ha visto prima i cerchi.

Secondo Davidoff lo studio non rivela in maniera diretta i meccanismi delle illusioni ottiche e come le differenze culturali incidano su quelle funzioni (che Kroupin si propone di approfondire in futuro insieme ai colleghi), ma la ricerca già ora evidenzia quanto sia importante includere nello studio dei meccanismi mentali elementi come la cultura e l’ambiente, dice Henrich. Altrimenti si rischia di confondere per tratti umani universali quelli che invece sono effetti collaterali della cultura dei ricercatori, una cultura poco comune in termini storici e globali.

Muthukrishna aggiunge che pur essendo fondamentale capire cosa ha in comune l’umanità, anche le differenze contano. Lo studio “dimostra l’importanza della diversità”, afferma. “Se vuoi avere un quadro completo del mondo, devi includere anche chi vede dei cerchi dove gli altri vedono solo rettangoli”. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1621 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati