Probabilmente avrete già sentito parlare della raccomandazione di mangiare ogni settimana trenta tipi di alimenti di origine vegetale, un metodo che si concentra sulla varietà più che sulla quantità. L’idea è semplice: si ottiene un punto per ogni “nuovo” vegetale che si mangia in una settimana. Arrivando a trenta punti, si è assunta buona parte dei nutrienti necessari per mantenere il corpo in salute, a cominciare dall’intestino.

La teoria nasce da una ricerca condotta nell’ambito dell’American gut project, uno studio che ha coinvolto più di diecimila persone. L’obiettivo era analizzare la composizione del microbiota intestinale in caso di salute e di malattia.

Arcimboldo, L’imperatore Rodolfo II d’Asburgo in veste di Vertumno, 1590 ((Buyenlarge/Getty))

“I ricercatori hanno scoperto che chi mangiava almeno trenta tipi di alimenti vegetali in una settimana, aveva un microbiota intestinale più vario, e quindi più salutare”, dice Shireen Kassam, fondatrice di Plant based health professionals Uk, nel Regno Unito.

È da qui che nasce il numero “magico” dei trenta alimenti, cioè la soglia che produrrebbe i cambiamenti più significativi per la salute.

Contare i punti

Gli alimenti vegetali salutari di solito sono divisi in sei gruppi: cereali integrali (come riso integrale, orzo o avena), verdura, frutta, legumi, frutta secca e semi, erbe e spezie. Tutti contribuiscono a raggiungere la quota dei trenta punti.

Anche il caffè e la cioccolata fondente (con almeno il 70 per cento di cacao) sono nella lista, dato che tecnicamente derivano da semi. Lo stesso vale per il tofu, a base di soia.

Mangiare due volte lo stesso ortaggio o frutto non dà benefici specifici

Al centro di questa teoria c’è la varietà. Consumare lo stesso vegetale due volte non dà benefici specifici, se non fare bene alla salute. “La maggior parte dei cibi salutari ha un effetto dose-dipendente: più ne assumiamo e meglio è, nei limiti del ragionevole”, spiega Kassam. “Ma in questo caso non conta la quantità”.

Gli alimenti devono essere diversi non solo in termini di specie. Differenti colori di un frutto o di un ortaggio valgono punti separati. Per esempio i peperoni arancioni e gialli, o le mele verdi e rosse. “Questo perché il colore corrisponde alla presenza di determinati composti chimici”, spiega Catherine Rabess, autrice di The 30 plan. “La funzione dei polifenoli (un particolare gruppo di composti) può variare molto a seconda del colore e della tipologia di un alimento”. E più aumenta la varietà dei polifenoli, meglio è.

La maggior parte degli alimenti che fa parte di uno dei sei gruppi citati vale un punto, anche se alcuni – per esempio le erbe e le spezie – non superano un quarto di punto, soprattutto perché di solito se ne consuma solo una piccola quantità.

Valgono solo i cibi integrali o poco lavorati. In generale, più un ingrediente è raffinato e alterato, più diminuisce il suo impatto positivo sulla salute. Questo significa che non tutti gli alimenti di origine vegetale contano. “Spesso processare un cibo comporta l’eliminazione o la riduzione degli ingredienti benefici”, spiega Rabess. “Questo non vuol dire che non sia salutare, ma non dà punti”.

Per esempio il pane e la pasta non integrali sono prodotti con la parte interna del frumento privata del germoglio e della crusca, ricchi di fibre. Lo stesso vale per il riso bianco. Nella pasta, il riso e il pane integrali, invece, il grano rimane intatto, dunque contano nella marcia verso i trenta punti.

Pianificazione e pratica

Riuscire a consumare trenta diversi tipi di alimenti di origine vegetale ogni settimana può sembrare molto difficile, ma lo è meno di quanto si possa pensare. Considerando quanto è ampia la varietà di cibi – e di colori – che assegnano punti, con un po’ di pianificazione e pratica l’obiettivo è alla portata di tutti.

Il solito consiglio

◆ Da tempo gli studi scientifici incoraggiano a mangiare almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, scrive The Conversation, ponendo l’accento sulla quantità che garantirebbe di assumere i nutrienti e le fibre necessari, piuttosto che sulla varietà degli alimenti. La ricerca ha dimostrato che anche seguendo queste raccomandazioni si ottiene un microbiota intestinale vario, con vantaggi evidenti per la salute. C’è dunque chi sostiene che la sfida dei trenta alimenti di origine vegetale alla settimana sia il solito e vecchio consiglio confezionato diversamente. Secondo la dietista Aisling Pigott sono necessarie ulteriori ricerche sulla reale efficacia di questa teoria. Tuttavia porta con sé un messaggio positivo: consumando un numero maggiore di alimenti vegetali di solito si è naturalmente portati a ridurre quelli meno salutari.


Di solito il conteggio dei punti sale rapidamente nei primi due giorni, ma spesso rallenta se si cucina in grandi quantità o si tende a ruotare lo stesso piatto durante la settimana. Per mantenere lo slancio si può preparare una ricetta di base, come uno stufato di lenticchie, da arricchire e rielaborare in diverse versioni, aggiungendo ingredienti e magari anche una porzione di verdure.

La frutta secca e i semi sono ottimi per uno spuntino, ma anche per aggiungere sapore e consistenza alle verdure, all’insalata e ad alcuni ingredienti tipici della colazione. Possono garantire un incremento nutritivo anche ai dolci.

Per raggiungere l’obiettivo non bisogna spendere una fortuna: comprando prodotti confezionati che hanno una buona varietà di ingredienti e colori, come i misti di peperoni o di frutti di bosco surgelati, o i legumi in scatola (non contano solo i prodotti freschi), si possono raggiungere i trenta punti facilmente e senza grandi spese.

L’importanza dell’intestino

“Gli enzimi digestivi contribuiscono a scomporre i carboidrati, le proteine e i grassi contenuti negli alimenti in molecole più piccole, in modo che possano essere assorbite dall’organismo”, spiega Rabess. “L’intestino, inoltre, rimuove i prodotti di scarto assorbendo acqua, sali ed elettroliti, e contiene il microbioma intestinale: un grande e vivace ecosistema che supporta molte funzioni del corpo”.

“I microbi intestinali favoriscono la funzione immunitaria (il 70 per cento del sistema immunitario si trova nell’intestino), la regolazione degli ormoni e delle infiammazioni, e la comunicazione tra il cervello e l’intestino”.

Quando l’intestino non sta bene, lo si capisce: si prova gonfiore, costipazione, dolori addominali. Ma altri sintomi possono essere meno evidenti. “L’assenza di problemi intestinali non dimostra che l’intestino è in salute”, spiega la nutrizionista Megan Rossi. “La salute dell’intestino va oltre i sintomi digestivi. Può influire anche sulla salute mentale e cardiaca”, sottolinea.

In poche parole: prendetevi cura del vostro intestino, se volete che il vostro intestino si prenda cura di voi. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati