In una sola pagina sono menzionati Sauron, Barbie “farmacista”, la Gioconda, Will Smith nel film Io sono leggenda e Auschwitz. Il flusso di coscienza di Mia, la protagonista di Mantide, è decisamente caotico. Intramezzato da qualche immagine particolarmente riuscita, come: “Le farmacie mi ricordano le chiese, tutti in fila a prendere la comunione”. Mia fa la moderatrice di contenuti online, è l’ex fidanzata di Ruben, che è morto folgorato nella vasca da bagno, e il suo rapporto con quella perdita è definito dall’abbandono: lei che aveva paura di abbandonarlo, lui che aveva paura di essere abbandonato. Cerca uno specchio al proprio dolore nel lutto altrui, in quello di Lapo e Margot, rispettivamente fidanzato e amante di Sofia, una ragazza che ha tentato il suicidio e che è quasi identica a Mia. Si avverte nella scrittura una tensione che conduce dalle parti di David Foster Wallace. Se non altro nella lingua ironica e affilata per descrivere la quotidianità, nello sguardo rivolto al mondo contemporaneo di internet e dei suoi contenuti più feroci, nella occasionale frammentarietà della narrazione. Mantide non è un libro semplice, ma Cecilia Rita lo gestisce al meglio, dando forma a un esordio che, per stile e personaggi, è diverso, originale e interessante. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1634 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati